San Giuseppe Jato, restituiti oltre 3 mln per palazzetto sport incompiuto


Dopo 18 anni cala il sipario sul progetto del palazzetto dello sport e piscina. Il Comune commissariato per infiltrazioni mafiose ha predisposto nei giorni scorsi la restituzione all’erario statale di 3 milioni e 4.584 euro di somme non spese. Tutto il finanziamento, stanziato nel 2005, era di 6 milioni e 150 mila euro. Oltre la metà dei quali utilizzati per progetti, sbancamenti, palificate e colate di cemento in contrada Mortilli, dove resteranno lo scheletro di una vasca e una montagna di materiale inerte. L’opera è stata dichiarata «non collaudabile né funzionale». Uno scempio paesaggistico che offende occhi, cuore e bilanci. Lo scorso anno la Ragioneria dello Stato, che già nel 2016 aveva proposto la revoca, aveva chiesto indietro 4,3 milioni di somme non spese. Una cifra che però non corrispondeva con quelle iscritte nei conti comunali, dove la cifra non utilizzata ammontava invece a circa 3 milioni. Di qui la nuova rendicontazione e la restituzione. Quella dell’incompiuto palazzetto dello sport con piscina è una storia travagliata: finanziato nel 2005 per volontà dell’allora senatore Renato Schifani con la «legge mancia», l’opera di otto mila metri quadri subì il primo intoppo dopo l’affidamento diretto dell’incarico di progettazione. A processo per «abuso d’ufficio in concorso« finirono l’allora sindaco Giuseppe Siviglia, l’ex responsabile dell’ufficio tecnico Filippo Roppolo e il progettista Onofrio Gullo. Nel 2010 i tre vennero assolti con formula piena. Fino ad allora il finanziamento rimase inutilizzato. Solo dopo venne aggiudicata la gara con un ribasso del 38,7% all’impresa Costruzioni Pozzobon S.p.A di Acireale, a cui subentrarono, con due diverse cessioni di ramo d’azienda, le ditte Bosco Aldo e Sikelia costruzioni.

I lavori presero il via a singhiozzo nel 2011 e si bloccarono nel 2014. Nel frattempo alle tre imprese catanesi vennero liquidati 1 milione e 628 mila euro. Un altro milione venne invece impegnato per spese tecniche. Nel 2016, dopo una relazione dell’ingegnere Fiorella Scalia, l’allora sindaco Davide Licari inviò la documentazione dei lavori in Procura. Tutto rimase fermo per due anni anche per non sforare il Patto di stabilità. Ne nacque un contezioso con la ditta, chiuso nel 2018 dall’amministrazione guidata da Rosario Agostaro, con una transazione di 200 mila euro. I lavori ripartirono, ma per poco. Quattro mesi più tardi arrivarono –infatti- i sigilli al cantiere per presunte irregolarità nelle fornitura dei materiali. Sotto la lente di ingrandimento dei carabinieri finì un subappalto. La vicenda è citata anche nella relazione di scioglimento del Comune. L’ultima tegola arrivò nel 2020 con il fallimento della ditta Sikelia.
di Leandro Salvia

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