Operazione Esperia, la mafia trapanese faceva affari pure con le aste giudiziarie
Le aste fallimentari rientravano tra gli affari privilegiati di Cosa Nostra Trapanese. Lo si evince dall’ordinanza di custodia cautelare che tre giorni fa ha portato in carcere 35 persone nell’ambito dell’operazione antimafia Hesperia che ha coinvolto pure un paio di partinicesi e vede un totale di 70 indagati. Secondo gli inquirenti la mafia, attraverso un sistema di connivenze, sarebbe riuscita in diverse occasioni a rilevare a prezzi stracciati dei costosi immobili poi rivenduti con il reale valore di mercato, traendone quindi il massimo del profitto. Qualsiasi potenziale acquirente esterno al sodalizio mafioso sarebbe stato costretto a rinunciare di partecipare alle aste giudiziarie per lasciare campo libero all’organizzazione che, tra i vari affari portati a compimento, sarebbe pure riuscita ad acquistare per soli 700 mila euro un edificio che valeva 5 milioni. Cosa Nostra si sarebbe pure avvalsa di prestanomi per gli acquisti o di soggetti disposti a versare alle casse mafiose una percentuale del valore del bene di cui si otteneva l’aggiudicazione. Anche al maggiore indagato dell’operazione Hesperia, Franco Luppino, considerato uomo vicino al boss superlatitante Matteo Messina Denaro, gli inquirenti gli hanno contestato un reato di turbata libertà degli incanti. Luppino sarebbe stato chiamato ad intervenire nel controllo di un’asta giudiziaria che si sarebbe conclusa in favore di cosa nostra.