Carini, operazione “Feudo”: restano in carcere Ferrigno, Lo Duca e Lo Iacono
Hanno tutti risposto alle domande del Gip Fabio Pilato, durante l’interrogatorio di garanzia, i tre indagati finiti in manette per voto di scambio politico elettorale a Carini, nell’ambito dell’operazione Feudo condotta dai carabinieri del nucleo investigativo di Palermo. L’italo americano Salvatore Ferrigno, candidato all’Ars nella lista Popolari e Autonomisti, arrestato qualche giorno prima del voto, avrebbe respinto le accuse e cercato di chiarire la propria posizione, sostenendo di non avere comprato voti e che il passaggio dei soldi documentato dagli investigatori fosse stato solo un piccolo rimborso spese destinato alla campagna elettorale. Il carinese Ferrigno avrebbe anche asserito di non conoscere personalmente il presunto boss Giuseppe Lo Duca e che contrariamente da quanto apparso dalle intercettazioni, non avrebbe avuto rapporti stretti con l’altra indagata, Piera Lo Iacono, accusata di essere l’intermediaria tra il politico e il mafioso. Ferrigno, difeso dall’avvocato Tony Gattuso, non avrebbe però convinto il giudice per le indagini preliminari, il quale ha deciso di lasciarlo in carcere. Stessa sorte il presunto boss di Carini Giuseppe Lo Duca e l’intermediaria Piera Lo Iacono. Entrambi restano in cella nonostante anche loro abbiano provato a smontare le accuse che gli vengono contestate. Piera Lo Iacono al Gip avrebbe confermato la versione di Ferrigno e cioè che i pagamenti ricevuti fossero dovuti per la realizzazione, affissione e distribuzione di manifesti e volantini elettorali. Giuseppe Lo Duca avrebbe pure negato di avere stretto il patto politico mafioso con Salvo Ferrigno, e di non avere alcun interesse a favorire un partito piuttosto che un altro. Dichiarazioni in antitesi con le intercettazioni rilevate dagli investigatori che hanno spinto il Gip a lasciarli in carcere.