Borgetto, sul sindaco Garofalo pende la spada di Damocle della sfiducia
I numeri per mandare a casa il sindaco di Borgetto Luigi Garofalo ci sono tutti. Sono nove, infatti, i consiglieri comunali che hanno presentato la mozione di sfiducia per interrompere anticipatamente la sua legislatura. In aula per approvarla ne basteranno otto su dodici. A sottoscrivere il documento sono stati i quattro componenti di minoranza del Movimento 5 stelle: Anna Maria Randazzo, Lorena Cutrone, Anna Migliore e Benedetto Cangialosi; i tre indipendenti Vittoria Albano, Giovanni Balsamo e Maurizio Zerillo e i due esponenti del Pd Alfredo Panettino e Alessandro Santoro, quest’ultimo dimessosi la scorsa settimana dalla carica di vicesindaco.
Una situazione complessa e difficile quella della politica borgettana. Da circa un anno il primo cittadino cammina sulle sabbie mobili per cercare di recuperare una stabilità politica messa in discussione dalla stessa maggioranza che, quasi tre anni fa ha contribuito alla sua elezione e che ormai non esiste più.
Tra le motivazioni riportate nell’atto depositato dai nove Consiglieri Comunali che vogliono la testa di Garofalo, figurano la mancanza di efficacia ed efficienza nel gestire il servizio idrico integrato e le gravi carenze strutturali delle condotte, l’assenza di una programmazione delle risorse umane, il mancato reperimento di risorse sovracomunali, nessuna risposta alle interrogazioni, mozioni disattese ed altro.
Secondo i firmatari della mozione di sfiducia a questo epilogo si è giunti per l’incapacità del sindaco Luigi Garofalo di mantenere la stabilità del proprio esecutivo che, in questi anni ha subito diverse modifiche al punto di minare il rapporto fiduciario con la sua maggioranza. L’assise civica dovrà ora discutere la mozione entro i prossimi trenta giorni, così come ribadito dagli stessi firmatari della sfiducia stamani, nel corso della seduta consiliare lampo che era stata convocata in sessione straordinaria proprio per valutare la situazione politica.
Sebbene il primo cittadino da questa adunanza si fosse aspettato di approfondire i motivi della sfiducia, tutto è stato rimandato alla data in cui in aula si voterà per mandarlo a casa. Da qui la sua scelta di non rilasciare alcuna dichiarazione.