Beni confiscati, associazioni antimafia scrivono al Prefetto di Palermo
Rendere più trasparenti e accessibili i dati sui beni e le aziende confiscate per impedire ogni possibile infiltrazione mafiosa ed evitare che l’economia del territorio, particolarmente vulnerabile in questa fase drammatica, possa essere ancora più fragile nei confronti della criminalità organizzata. È il senso della lettera indirizzata al prefetto di Palermo, Giuseppe Forlani, dalle associazioni storiche antimafia e dai sindacati, in uno spirito di cooperazione tra istituzioni e società civile. A Sottoscriverla Addio Pizzo, il Centro Impastato, il Centro Studi Pio La Torre, la Fondazione Falcone, i sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil, Libera Palermo, Acli Palermo, Arci, Centro studi Paolo e Rita Borsellino, Fondazione Chinnici e Fondazione Costa.
Le iniziative proposte dal cartello di associazioni e sindacati riguardano:
· La realizzazione di un’anagrafe delle aziende confiscate attive insieme ai lavoratori impiegati, l’elenco dei beni immobili confiscati e trasferiti ai comuni, ma anche quelli non ancora assegnati, pubblicandone i codici identificativi, la consistenza, la destinazione, l’uso effettivo, il soggetto destinatario, la professionalità, gli obiettivi produttivi, occupazionali e sociali e i risultati raggiunti per garantirne la continuità produttiva.
· La mappatura dei protocolli di legalità, verificandone l’attuazione e costituzione nei comuni che invece ne sono sprovvisti.
· La mappatura dei consorzi di legalità esistenti per stimolarne il supporto tramite la partecipazione sociale e la cittadinanza attiva.
· Un confronto periodico con istituzioni bancarie ed esperti per superare le criticità delle aziende sequestrate e confiscate.
· Un confronto permanente con gli enti locali che si occupano dei rapporti con le aziende sequestrate e confiscate, con le Camere di commercio, l’Agenzia delle entrate, le istituzioni del territorio, lo sportello unico delle attività produttive, per non lasciare indietro nessuno.
“L’obiettivo è ostacolare quelle condizioni che possano creare un habitat ideale per le organizzazioni mafiose che alimentano la povertà, il sottosviluppo e l’esclusione sociale – ha detto Vito Lo Monaco, presidente del centro studi Pio La Torre – da qui lo sforzo comune con le altre associazioni per costruire una rete che sia in grado di collaborare con le istituzioni nelle azioni di prevenzione e contrasto alle mafie”.
L’iniziativa arriva all’indomani della relazione approvata dalla commissione parlamentare antimafia dell’Ars, secondo cui solo 39 aziende, sulle 780 sottratte dallo Stato a Cosa Nostra, ad oggi risultano attive in Sicilia; quasi tutte fallite o chiuse quelle confiscate nelle province di Palermo e Trapani.