Giardinello, giudizio immediato per Vito e Salvatore Abbate accusati di estorsione
Due giardinellesi a giudizio immediato con l’accusa di estorsione, minaccia, pascolo abusivo, danneggiamento, reati aggravati dal metodo mafioso. Si tratta di Vito e Salvatore Abbate, padre e figlio di 72 e 43 anni, finiti ai domiciliari a luglio e tuttora costretti nelle loro abitazioni. I reati che gli vengono contestati sono conseguenze delle accuse che mossero contro l’avvocato Fabio Tringali, finito in manette per riduzione in schiavitù di migranti ma poi assolto, e risarcito per l’ingiusta detenzione. Lo stesso si è costituito parte civile nel procedimento in corso contro i due allevatori, il cui processo è stato fissato per il prossimo 14 dicembre davanti alla terza sezione del Tribunale di Palermo. Salta dunque l’udienza preliminare per le prove evidenti raccolte nell’ambito dell’inchiesta che è stata già conclusa. La decisione del giudizio immediato è del presidente aggiunto dei Gip, Antonella Consiglio su richiesta della Procura. Secondo l’accusa, Vito e Salvatore Abbate, nove anni e mezzo fa testimoniarono contro Tringali che rischiò una condanna a 9 anni. Nei suoi confronti, i due Abbate avrebbero portato avanti una strategia per danneggiarlo a seguito di alcuni scontri avuti per una questione di confini. Tringali dimostrò in aula di non avere trattato da schiavi un ivoriano e un indiano, nella sua tenuta di contrada Coda di Volpe, tra Partinico e Terrasini che, gli imputati gli avrebbero voluto sottrarre per far pascolare liberamente i propri animali. Dopo l’assoluzione di Tringali, gli Abbate avrebbero cominciato a perpetrare furti ai suoi danni, lamiere, cavi elettrici, tubi, fili e motori dell’acqua, per proseguire con minacce e violenze che gli investigatori hanno avuto modo di accertare.