Terrasini-tragedia Nuova Iside, “l’equipaggio della Vulcanello non avrebbe fatto nulla per salvare le vittime”
Emerge un quadro agghiacciante negli atti dell’incidente probatorio che la Procura di Palermo ha notificato ai quattro indagati della tragedia del motopesca Nuova Iside e ai familiari delle vittime. Nonostante il terzo ufficiale e il timoniere della petroliera Vulcanello non si trovassero in plancia al momento della collisione con il peschereccio, gli stessi si sarebbero accorti dell’abbordaggio (incontro violento di due imbarcazioni) e non avrebbero fatto nulla, neppure un tentativo per cercare di salvare l’equipaggio della Nuova Iside, lasciando che sprofondasse negli abissi. Dopo la tragedia e il tam tam mediatico che avevano fatto puntare i riflettori sulla petroliera della Augusta 2 che la sera del naufragio risultava sulla stessa rotta del peschereccio della marineria di Terrasini, l’armatore della Vulcanello avrebbe fatto riverniciare l’opera morta dello scafo, mutando artificiosamente lo stato dei luoghi fuori dal porto di Vibo Valentia, pur avendo detto che sul bastimento non si effettuavano interventi da diverso tempo. Ciò sarebbe avvenuto una decina di giorni dopo l’affondamento del Nuova Iside che risale alla sera dello scorso 12 maggio, ovvero tra il 20 e il 27 maggio scorsi, quando la Vulcanello non era stata ancora individuata con certezza ma era già oggetto di sospetti, tanto che era stata ripresa con video e fotografata nel porto di Vibo Valentia, in Calabria. In pratica, la Procura aveva prima fatto raggiungere e fotografare la Vulcanello nel porto calabrese e, poi, disposto il suo sequestro; ma la petroliera nel frattempo si era trasferita nel porto di Augusta dove la petroliera sarebbe già arrivata riverniciata. Un’operazione che sarebbe stata disposta ed effettuata mentre il bastimento navigava tra le due sponde. Ad Agusta è stato poi eseguito l’accertamento tecnico irripetibile disposto dalla Procura sulla Vulvanello con l’ausilio della Guardia Costiera. Da qui le anomalie segnalate dalla polizia giudiziaria e confermate dai Ris di Messina e dal consulente nominato dalla Procura e cioè delle ammaccature e poi una riverniciatura. Gli inquirenti se ne sono accorti mettendo a confronto le immagini riprese a Vibo Valentia e le foto acquisite nelle verifiche fatte ad Augusta, rilevando “notevoli modifiche allo scafo, atte anche ad occultare elementi probatori utili alle indagini – si legge negli atti – nitidi segni di strisciate presenti sulla nave e occultate dallo strato di vernice sovrapposto”. L’incidente probatorio disposto dal Gip Piergiorgio Morosini, su richiesta del procuratore aggiunto Ennio Petrigni e del sostituto Vincenzo Amico dovrà accertare come siano andate le cose e se veramente, come risulta dagli accertamenti eseguiti dalla Guardia Costiera, la petroliera fu riverniciata e se i segni riportati sulla nave siano o meno compatibili con l’impatto e l’abbordaggio del Nuova Iside. La vernice dovrà essere rimossa e si dovranno verificare natura e origine delle strisciate presenti sullo stesso scafo. Ciò che Giorgio Barbagelata, esperto del tribunale di Genova, accerterà nel contraddittorio delle parti, con eventuali tecnici nominati da pm, persone offese e indagati, varrà nell’eventuale dibattimento. . Gli indagati, quattro in tutto, dovranno rispondere dell’«abbordaggio e della sommersione» del peschereccio, ma anche dell’omissione di soccorso e del mancato tentativo di salvare i tre naufraghi. Si tratta del comandante della Vulcanello Gioacchino Costagliola, napoletano di 45 anni; il terzo sottufficiale di coperta Giuseppe Caratozzolo, di Palmi, 25 anni, il timoniere Mihai Jorascu, rumeno di 52 anni e il 74enne Raffaele Brullo, amministratore e legale rappresentante della società Augusta due srl proprietaria della petroliera che dovrà rispondere anche di intralcio alla giustizia. Nella tragedia della Nuova Iside hanno perso la vita Matteo, Giuseppe e Vito Lo Iacono , quest’ultimo ancora disperso. I primi due corpi sono stati restituiti dal mare; i resti di Vito, si pensa che possano giacere nel relitto individuato a 1400 metri di profondità a 30 miglia a nord da Palermo; relitto che sembra non ci sia la volonta’ di recuperare per i costi eccessivi che comporta un’operazione simile. La famiglia ha più volte chiesto alle autorità preposte di farla riemergere, auspicando pure l’intervento del Governo Nazionale. È di questi giorni l’ennesimo appello lanciato dal deputato della lega Lorenzo Viviani che essendo armatore conosceva personalmente la famiglia Lo Iacono, di autorizzare il recupero del relitto prima che sia troppo tardi. Secondo il parlamentare, i Ris di Messina avrebbero accertato che alcune tavole del peschereccio riemerse ed analizzate, avrebbero mostrato segni di avvenuto urto. Il peschereccio è di legno, quindi, secondo Lorenzo Viviani, lasciandolo ancora in acqua si rischierebbe di cancellare ulteriori prove su ciò che è avvenuto la sera del naufragio e, ancora peggio, si continuerebbe a negare a Rosalba Cracchiolo il diritto di dare degna sepoltura al figlio Vito Lo Iacono, il comandante della Nuova Iside, il cui corpo potrebbe essere rimasto intrappolato nel relitto.