Villagrazia di Carini, delitto Agostino: tre rinvii a giudizio; il 10 settembre l’udienza preliminare

La Procura Generale di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio dei boss Antonino Madonia e Gaetano Scotto, entrambi  accusati dell’omicidio dell’agente di polizia Antonino Agostino e della moglie Ida Castelluccio avvenuto il 5 agosto del 1989 a Villagrazia di Carini. Il processo è stato chiesto anche per Francesco Paolo Rizzuto accusato di favoreggiamento aggravato. Agostino e la moglie, che aspettava un bambino, vennero assassinati davanti alla casa di famiglia. A sparare furono due killer arrivati a bordo di una moto di grossa cilindrata, trovata bruciata dopo il delitto. Un omicidio rimasto irrisolto per ben 31 anni. Poi,  l’inchiesta della Procura di Palermo terminata con una richiesta di archiviazione a cui ha fatto seguito l’avocazione della Procura generale. Dall’inchiesta che la Procura Generale ha delegato alla Dia è emerso che l’agente Agostino, formalmente assegnato alle Volanti, collaborava con i Servizi Segreti alle indagini finalizzate alla ricerca di latitanti di mafia. Francesco Paolo Rizzuto era l’amico del cuore di Antonino Agostino, ma è accusato di avere eluso le investigazioni, tacendo elementi a sua conoscenza e riferendo circostanze false in relazione al delitto.  Madonia e Scotto, rispettivamente capo mandamento di Resuttana e boss dell’Arenella, sono accusati   di essere mandanti ed esecutori del delitto del poliziotto e della moglie Ida Castelluccio. Le richieste di rinvio a giudizio sono state notificati stamani agli indagati che, dovranno comparire davanti al Gup per l’udienza preliminare, il prossimo 10 settembre.  “Dopo 31 anni dall’efferato duplice omicidio – dice il direttore della Dia, il generale Giuseppe Governale –   la Dia e la Procura generale di Palermo forniscono un nitido quadro probatorio sul movente e sugli autori di uno dei più raccapriccianti delitti commessi da Cosa nostra contro i rappresentanti delle istituzioni, spingendo la propria tracotanza fino agli incolpevoli e vulnerabili affetti familiari. La Dia e la procura generale – prosegue  Governale – hanno fatto proprio il tormento e la sofferenza di una famiglia che, con grande compostezza e dignità, ha atteso verità e giustizia. Ho ritenuto di chiamare personalmente il padre dell’agente Agostino, per testimoniargli ancora una volta la mia vicinanza personale e istituzionale”.  L’indagine della Direzione Investigativa antimafia, coordinata dai sostituti procuratori generali Nico Gozzo e Umberto De Giglio, ha raschiato il fondo della zona grigia  in cui hanno convissuto mafiosi e ambienti deviati dei servizi segreti. Agostino, ufficialmente agente del commissariato San Lorenzo, andava a caccia di grandi latitanti probabilmente per conto dei Servizi segreti e, già  la sera del delitto, un collega di pattuglia aveva scritto all’allora capo della squadra mobile Arnaldo La Barbera rivelandogli di averlo avuto confidato dallo stesso Agostino.  Ma quella notizia  rimase chiusa in un cassetto per quattro anni, mentre La Barbera si ostinava a indagare sulla pista di un’improbabile vendetta dei familiari di un’ex fidanzata dell’agente di polizia. La sera del delitto, avvenne anche dell’altro: agenti della Mobile, probabilmente insieme a uomini dei Servizi, perquisirono casa di Agostino, ad Altofonte, portando via alcuni appunti. “La verità sulla morte di mio figlio e di mio nuora è dentro lo Stato — continua a ripetere Vincenzo Agostino — ringrazio i magistrati per il loro prezioso lavoro, finalmente dopo tanti anni, vediamo la speranza di un processo. È un punto di partenza, perché non conosciamo ancora i nomi dei mandanti. Qualcuno dentro lo Stato sa, ma continua a restare in silenzio”.

 

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