Montelepre, chiesto finanziamento al MiBACT per la realizzazione di un museo sul banditismo
L’amministrazione comunale di Montelepre ha inviato domanda di partecipazione ad un bando del MiBACT, mirato a favorire la riqualificazione e valorizzazione dei beni culturali e storici dei Comuni delle regioni del Sud, finanziando progetti che mirino a migliorarne l’attrattività turistica culturale.
Il progetto per il quale la giunta guidata dal sindaco Maria Rita Crisci ha chiesto il finanziamento, prevede la riqualificazione e messa in sicurezza (impianti e abbattimento barriere architettoniche) del secondo piano del palazzo Castrenze Di Bella, a lungo inutilizzato per via delle copiose infiltrazioni d’acqua, in cui realizzare un Museo Internazionale del Banditismo in cui si potrà studiare il fenomeno che fu presente a Montelepre e nel sud Italia nel dopoguerra.
L’idea è quella di un Museo che possa far affrontare a studenti e visitatori “il banditismo” nel contesto storico culturale in cui si verificò, anche attraverso l’uso della tecnologia digitale , come la realtà virtuale aumentata, ed anche attraverso il collegamento in rete con altri importanti musei tematici sparsi in Sicilia ed anche in Italia.
“Ringrazio la giunta al completo – dice il sindaco Maria Rita Crisci – per il fattivo contributo, l’arch. Enrico Minafra ed il dipendente dell’utc Antonio Enzo Cristiano che, anche di sabato, è rimasto in ufficio con noi per l’invio dei documenti, il progettista Manlio Schiera che ha sposato in pieno l’idea della giunta, già contenuta nel programma elettorale del movimento Reset, i consulenti storici Marco Tuccinardi e Pierluigi Basile, e l’Unione Degli Assessorati per l’importantissimo supporto tecnico/scientifico dato al progetto. Ogni Comunità ha la sua storia – conclude Crisci- ed è giusto valorizzarla perché diventi cultura ed identità’”.
Montelepre durante il banditismo guidato dal fuorilegge Salvatore Giuliano, visse anni bui nel dopoguerra, subendo l’assedio militare, coprifuoco, ingiustizie, torture, stupri, violenze, lutti, arresti ed ergastoli per la strage di Portella della Ginestra, la cui storia sarebbe tutta da riscrivere. Gli esami balistici fatti desecretare nel 1997 dall’allora Presidente della Provincia Regionale di Palermo Pietro Puccio, oggi sindaco di Capaci, rivelarono chiaramente che i proiettili, che uccisero e ferirono i manifestanti, fossero riconducibili alle munizioni in uso all’esercito, cosi come la traiettoria degli spari fosse partita dal basso e dal lato opposto di Monte Kumeta, dove Salvatore Giuliano e i suoi fedelissimi si recarono quella mattina, limitandosi a sparare qualche colpo in aria. Il resto degli atti, il cui segreto di stato sarebbe dovuto decadere nel 2016, continua ad essere top secret.
Tutto è stato rimandato a data da destinarsi sebbene non sia più in vita l’ormai totalità dei protagonisti di quella stagione, in cui vennero intrecciate trame di mito e sangue, di mafia e poteri occulti dello Stato, di complotti e servizi segreti.
Evidentemente la verità potrebbe essere ancora scomoda per qualche erede delle istituzioni dell’epoca. Tutti i monteleprini pagarono un prezzo altissimo per quello che accadde in quegli anni e la banda sconto’ condanne all’ergastolo per l’unico reato che pare non abbiano commesso. Un’onta impossibile da cancellare sebbene siano trascorsi più di 70 anni.