Corruzione Monopoli di Stato, arriva la prescrizione per 8 imputati accusati di intestazione fittizia di beni
Cadute, per effetto della prescrizione, le accuse mosse nei confronti di 8 persone, ritenute prestanome di due cugini omonimi di Borgetto: Leonardo D’Arrigo (uno nato nel 1930 e già morto, l’altro del 1945), entrambi condannati per mafia.
La terza sezione del Tribunale le ha dichiarate estinte per il lungo tempo trascorso dall’epoca dei fatti risalenti a quasi 10 anni fa.
Come scrive oggi il giornale di Sicilia, la prescrizione riguarda Corradino Lo Piccolo, 59 anni, che rispondeva sia di fittizia intestazione che di corruzione, come intermediario che riuscì a ottenere la concessione (irregolare) della licenza per una rivendita di tabacchi e, gli imputati accusati di trasferimento fraudolento di valori: lo stesso Leonardo D’Arrigo, oggi 74 enne; il figlio e il nipote, che si chiamano entrambi Domenico D’Arrigo, di 49 e 33 anni; Maria Rita D’Arrigo, 51 anni; Stefano Parra, 53 anni; Antonio Azzara, 60 anni; Salvatore Albano e Domenico Gagliano, entrambi di 53 anni. Il pm Amelia Luise, che aveva ritenuto sussistente l’aggravante di mafia per il maggiore dei D’Arrigo, Parra e Lo Piccolo, aveva chiesto condanne da 4 a 8 anni. La Procura si riserva ora la possibilità di impugnare la sentenza.
La corruzione si inserisce nell’ambito di un’operazione condotta dalla Dia nel 2011 sui Monopoli di Stato: vennero fuori licenze per agenzie e sale scommesse e bingo assegnate anche grazie alla concessione di favori, come l’ingaggio di escort.
Corradino Lo Piccolo, che è di Giardinello, era accusato «solo» di avere intascato 2.500 euro per la propria opera di intermediazione con i funzionari dei Monopoli Nicola Andreozzi, Salvatore Magno e Giovanni Polizzi, agendo per conto del corruttore, l’imprenditore interessato a ottenere la licenza di una tabaccheria, Charles Maenza.
Il titolare della Maenza srl non aveva i requisiti previsti dalla legge, eppure gli bastò dare soldi a Polizzi, una lavatrice a Magno e pagare le vacanze di Andreozzi e famiglia, per due settimane, a Città del Mare, a Terrasini, per superare tutti gli ostacoli, pagando una cauzione inferiore al dovuto.
I tre funzionari erano stati condannati a parte, anche per altri episodi, e l’anno scorso la Corte dei conti ha imposto loro di pagare il danno erariale. Sul fronte delle intestazioni fittizie il personaggio principale è Stefano Parra, considerato il «re delle cave».
Le società in cui ci sarebbero stati i prestanome erano la Selmi di contrada Cozzo di Vite, a Montelepre; la Mirto Inerti, che ebbe sede prima a Monreale e poi ancora a Montelepre; stessa sede per la Gsm Granulati. I giudici non hanno ritenuto, così come aveva invece sostenuto l’accusa, che i prestanome avessero agito per conto di Cosa nostra, ma solo nell’interesse della famiglia D’Arrigo.