Alto Belice Corleonese, 115 giovani di tutti Italia nei campi antimafia di “Libera”

Centoquindici giovani, provenienti da diverse regioni d’Italia, hanno preso parte quest’anno ai progetti formativi sui campi di Libera nel territorio dell’Alto Belice Corleonese. L’obiettivo è conoscere l’esperienza siciliana e formarsi per la valorizzazione dei beni confiscati alla mafia. «Le attività di impegno svolte sui campi – spiega il coordinatore Francesco Citarda – non hanno rilevanza produttiva, ma la finalità di conoscere da vicino il mondo agricolo affiancando i nostri soci durante le operazioni da svolgere sui beni agricoli». Per tutta l’estate e fino agli inizi dell’autunno, studenti, lavoratori, manager hanno potuto sperimentare come sia possibile creare impresa sociale attraverso il riutilizzo di terreni e fabbricati strappati ai boss. Perché per vincere «la scommessa della legalità» è indispensabile che i prodotti abbiano anche una rete commerciale e soprattutto un mercato. Così in Sicilia sono giunte due diverse delegazioni di studenti della Luiss Guido Carli di Roma, una delegazione internazionale di studenti dell’Atlantic College, una delegazione di Giovani di Brunico e Merano in provincia di Bolzano e tre delegazioni di soci e dipendenti di Coop Alleanza 3.0, Coop Lombardia e Unicoop Tirreno. Perché sono ormai quindici anni che la Sicilia è teatro dei campi di Libera. La prima esperienza risale, infatti, al 2005. «Di anno in anno – ci dice Citarda – il percorso formativo e di impegno rivolto a quanti aderiscono ai campi è stato sempre più migliorato, nell’ottica di far vivere un’esperienza piacevole all’insegna della conoscenza di Libera Terra e delle sue peculiarità, nonché delle attività sviluppate da Libera e dello straordinario patrimonio storico e culturale presente nei territori in cui lavorano le cooperative. Il percorso si arricchisce, infatti, della presenza e del valore della rete che le cooperative hanno saputo creare nei territori in cui a g i s co n o » . Lo spirito che anima i progetti non punta solo a valorizzazione i beni confiscati, ma anche le migliori risorse umane e associative presenti sul territorio. Di qui la nascita di presidi e collaborazioni con chi fa volontariato nei territori della valle dello Jato. E quest’anno uno dei nove campi estivi è stato dedicato alla «Memoria viva nella valle dello Jato». Due le tappe fondamentali per tutti i campi: la visita al Giardino della memoria e il memoriale di Portella della Ginestra. Dove a raccontare quel terribile maggio del 1947 è stato Serafino Petta, uno dei sopravvissuti alla strage.

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