Mazzette alla Regione, l’alcamese Vito Nicastri chiede di patteggiare la pena
Il re dell’eolico, l’alcamese Vito Nicastri, col consenso della Procura di Palermo, chiede di patteggiare la pena. Due anni e 9 mesi, questa la condanna concordata dai suoi legali con il Pubblico Ministero Gianluca De Leo e con il Procuratore Aggiunto Paolo Guido. Dallo scorso mese di giugno Vito Nicastri è dichiarante ed è ritenuto attendibile dalla Procura, nonostante su di lui penda una condanna a 9 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, arrivata il mese scorso, poiché considerato vicino al superlatitante di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro. Accusa che l’imputato ha sempre respinto. Nicastri, vuole chiudere così la partita che lo vede indagato per corruzione, avendo versato tangenti, per favorire progetti sulle energie rinnovabili, a due burocrati regionali : il dirigente dell’assessorato all’Energia Alberto Tinnirello e il funzionario partinicese Giacomo Causarano, come emerso dalle intercettazioni e confermato dallo stesso re dell’eolico e dal figlio Manlio. Anche quest’ultimo è dichiarante e, nel suo caso il patteggiamento è stato fissato ad un anno e 10 mesi di condanna. Vito Nicastri ha dichiarato in aula che la corruzione sarebbe stata portata a termine con la complicità di Paolo Franco Arata e di suo figlio, Francesco Paolo che avrebbero negato. Arata, considerato faccendiere della Lega, è coinvolto pure in una tranche romana dell’inchiesta, in cui è indagato anche l’ex sottosegretario alle Infrastrutture Armando Siri. Il partinicese Giacomo Causarano che, secondo Vito Nicastri avrebbe percepito in diverse tranche tangenti per un totale di 100 mila euro, sui 500 mila promessi, verrà giudicato con il rito abbreviato, così come Francesco Paolo Arata, mentre suo padre sembrerebbe volere optare per il rito ordinario, così come Alberto Tinnirello e Antonello Barbieri.