Mafia, in cella figlio e nuora di un boss, ai domiciliari un amministratore giudiziario

Agli arresti domiciliari il noto noto amministratore giudiziario di beni sequestrati e confiscati alla mafia Maurizio Lipani. Gli investigatori della Dia di Trapani gli hanno notificato l’ordinanza cautelare disposta dalla Procura di Palermo diretta da  Francesco Lo Voi che, accusa il  commercialista palermitano di essersi intascato soldi provenienti da due aziende ittiche, la Glocal Sea Fresch e la My Land,  sequestrate al boss trapanese Mariano Agate, considerato fedelissimo di Totò Riina, per un totale di circa 355 mila euro. Peculato e auto riciclaggio sono le ipotesi di reato contestate a Lipani dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Alessia Sinatra, Gianluca De Leo e Francesca Dessì. Nella stessa inchiesta sono finiti  in carcere, invece  il figlio del capomafia deceduto nel 2013, Epifanio Agate e la moglie Rachele Francaviglia; entrambi sono accusati di  aver continuato a gestire parte del patrimonio, costituito da alcuni immobili e società che sarebbero state finanziate con i soldi dell’ex capo mandamento Mariano Agate. Il commercialista palermitano avrebbe fatto dei prelievi in contanti nel corso della sua gestione giudiziaria, mentre Epifanio Agate e la moglie Rachele Francavilla, anziché essere allontanati dalle imprese che gli erano state sequestrate lo scorso anno, avrebbero continuato a controllarle. Agate e la moglie avrebbero gestito i rapporti commerciali con altre quattro imprese, facendo credere che fossero stati autorizzati da Lipani; quest’ultimo, potendo operare sui conti di altre società che gli erano state affidate dal Tribunale, si sarebbe appropriato del denaro pagando delle fatture ad uno studio di consulenza che gestiva assieme ad un altro commercialista. Ragion per cui il gip,  stamani,  ha contestualmente emesso un provvedimento di sequestro  equivalente dei suoi beni.  Dopo lo scandalo Saguto, che ha portato alla radiazione dalla magistratura della giudice palermitana, nomine e procedure sembravano passate attraverso criteri più rigidi. Ma le indagini del sezione Dia di Trapani, guidata dal tenente colonnello Rocco Lopane, hanno svelato un giro di soldi che non doveva affatto esserci. Probabilmente, è il sospetto di chi indaga, non solo attorno al patrimonio sequestrato agli Agate, ma anche in altre amministrazioni giudiziarie che Lipani gestiva a Palermo e a Reggio Calabria. Nell’occhio del ciclone, quindi ancora una volta, la gestione dei beni sequestrati e confiscati a Cosa Nostra; i  primi, sotto la gestione delle sezioni Misure di prevenzione dei tribunali, gli altri, dell’Agenzia beni confiscati, entrambi  organismi che dovrebbero vigilare sull’operato degli amministratori giudiziari nominati.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Hide picture