Corleone, sei condanne agli “eredi” dei boss
Sei le condanne agli “eredi” dei boss Riina e Provenzano, sarebbero stati loro a prendere le redini di uno dei mandamenti più importanti nell’ormai superata geografia mafiosa, cioè quello di Corleone.Ieri pomeriggio, la Corte d’Appello ha sostanzialmente confermato la sentenza emessa in primo grado con il rito abbreviato dal gup Alessia Geraci, il 24 novembre del 2017, a carico di nove imputati, tutti finiti nell’operazione dei carabinieri denominata “Grande Passo 4”. Il verdetto dei giudici, così come riporta il Giornale di Sicilia, è di sei condanne (con qualche lievissimo sconto) e di tre assoluzioni. Nello specifico sono stati confermati i 14 anni e 10 mesi rimediati dal nipote di Provenzano, Carmelo Gariffo, che avrebbe preso il posto al vertice del clan di Rosario Lo Bue. Il figlio di quest’ultimo, Leoluca, ha invece avuto diritto ad una piccola riduzione della pena, passando da 10 anni di reclusione a 9. Lieve sconto anche per Pietro Paolo Masaracchia, da 9 anni e 8 mesi, a 8 anni e 4 mesi. Per Bernardo Saporito la condanna a 8 anni ed 8 mesi è stata invece integralmente confermata. Infine, nel caso di Antonino Di Marco i giudici hanno deciso di riconoscere il beneficio della continuazione con una precedente condanna: in primo grado era stato condannato a 6 anni che adesso, sommando le due sentenze a suo carico, diventano complessivamente 13 anni e 10 mesi. La Corte ha poi confermato le tre assoluzioni già sancite dal gup, ovvero quelle di due cugini omonimi, Francesco Geraci, il primo nato nel 1966 ed il secondo nel 1971, nonché per Vincenzo Pellitteri. I Geraci (difesi dagli avvocati Giuseppe Di Peri, Angelo Brancato, Salvatore Gugino e Angelo Barone), imparentati con l’ormai defunto boss Gaspare Geraci, secondo la Procura, invece, sarebbero stati a capo della famiglia mafiosa di Chiusa Sclafani. In appello sono state inoltre confermate le provvisionali di mille euro per ciascuna delle parti civili, cioè imprenditori che si erano ribellati al pizzo, le associazioni Addiopizzo e Confcommercio, nonché i Comuni di Corleone, Palazzo Adriano e Chiusa Sclafani (rappresentati dagli avvocati Salvatore Caradonna, Ettore Barcellona, Francesco Cutraro, Fabio Lanfranca, Vincenzo Lo Re e Salvino Caputo) . Come è emerso dalle più recenti indagini antimafia, Cosa nostra sarebbe tornata ad essere “palermocentrica”, anche per via della morte di Provenzano e Riina, ma “Grande Passo 4” mise in luce come a Corleone vi fosse stata una sorta di restaurazione: ritornati liberi, diversi boss avevano ripreso il loro posto nel clan. Il nipote di Provenzano, Gariffo, si sarebbe fatto strada ai vertici del mandamento proprio per via delle sue “illustri” parentele.