Mazzette alla Regione, F.sco Paolo Arata interrogato, non ha risposto al Gip di Roma
Interrogato davanti al Gip di Roma, Francesco Paolo Arata, faccendiere e consulente della Lega arrestato la scorsa settimana con le accuse di corruzione, intestazione fittizia e auto riciclaggio, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Con lui, sono finiti in carcere anche il figlio Francesco e Vito Nicastri, imprenditore alcamese denominato “re dell’eolico” già recluso con l’accusa di concorso in associazione mafiosa e, il figlio Francesco. Anche loro devono rispondere di corruzione, intestazione fittizia di beni e autoriciclaggio. Agli arresti domiciliari nell’ambito della stessa inchiesta, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, è finito il funzionario regionale Alberto Tinnirello, accusato di corruzione. Sia il figlio di Arata, che i Nicastri e Tinnirello si sono rifiutati di rispondere al gip. A differenza di Francesco Paolo Arata, gli altri quattro sono stati interrogati dal giudice delle indagini preliminari del capoluogo siciliano, in quanto il loro arresto è avvenuto a Palermo. L’inchiesta ipotizza un giro di mazzette alla Regione siciliana per favorire gli affari che Arata e Nicastri gestivano nel settore delle energie rinnovabili. Secondo i pm, l’imprenditore e il faccendiere della Lega sono soci di fatto. Una tranche dell’indagine, che ipotizza il pagamento di una tangente all’ex sottosegretario della lega Armando Siri, è stata trasmessa per competenza a Roma. Nei prossimi giorni i legali degli indagati decideranno se fare istanza di revoca delle misure al tribunale del riesame.