The End. Chiesta la revisione del processo per il partinicese Alessandro Arcabascio

Arrestato nel blitz antimafia “The End” e condannato a 14 anni e 4 mesi per il reato associativo e per un’estorsione Alessandro Arcabascio di Partinico potrebbe ottenere la revisione del processo. Il suo legale, l’avvocato Cinzia Pecoraro (nella foto), ha infatti presentato istanza di revisione alla Corte d’appello di Caltanissetta. Il ricorso verrà adesso valutato dai giudici nisseni che dovranno deciderne l’ammissibilità. Secondo quanto riporta oggi il Giornale di Sicilia, per l’avvocato Pecoraro ci sarebbero errori materiali nell’indicazione dei periodi in cui Arcabascio avrebbe commesso i reati, ma soprattutto un teste che avrebbe agito da «provocatore», lavorando in accordo con i carabinieri, cosa che toglierebbe genuinità al suo contributo. Inoltre, incompatibile con la condanna, l’assoluzione definitiva del coimputato, Alfonso Bommarito, «dalla medesima imputazione, con la formula perché il fatto non sussiste». L’avvocato Pecoraro sostiene che «nel primo giudizio» vi fu una «lesione del diritto di difesa, con la formulazione errata del capo di imputazione», in cui era stato indicato «un periodo diverso», nel senso che «la sentenza prende in considerazione un arco temporale totalmente diverso, individuando anche il lavoro per il quale vi sarebbe stata una fornitura “strappata” con minaccia». Dovendo difendersi per fatti collocati in un periodo diverso, Arcabascio non sarebbe riuscito ad articolare tesi e a trovare prove convincenti. Riguardo all’imprenditore vittima delle pressioni, «tutte le intercettazioni sono state falsate da un teste che consapevolmente lanciava trabocchetti ai suoi interlocutori per estorcere confidenze che provvedeva a influenzare e modificare». L’uomo era infatti in contatto con gli investigatori e in un altro passaggio delle intercettazioni «ha dato prova di non aver subito alcuna intimidazione dalle richieste, perché già protetto dagli inquirenti. La sua funzione di agente provocatore emerge a chiare lettere». C’è pure un pezzo di conversazioni (originariamente non trascritte, e per questo considerate anc h’esse come «prove nuove» che consentono la revisione) in cui lui stesso nega che il ritrovamento di una bottiglia contenente benzina vicino al suo cantiere possa essere ritenuto un tentativo di intimidirlo: «Mai è apparso coartato nella volontà o intimidito o minacciato, anzi si era già rivolto ai carabinieri conscio del fatto che la bottiglia esplosiva non fosse collegata al cemento». Questa «prova nuova avvalora le dichiarazioni di due testi sentiti in dibattimento, che hanno sempre confermato di non aver subito alcun tipo di intimidazione o di violenza psicologica». Infine per la difesa l’assoluzione di Bommarito, presunto complice di Arcabascio, è un dato sintomatico della contraddittorietà di giudicati, altro elemento che giustifica la revisione, presentata alla Corte d’appello di Caltanissetta.