Palermo, non era prestanome del boss: il veterinario Giambruno riabilitato dopo la morte
Era stato accusato di essere il prestanome del boss di Carini Salvatore Cataldo. Un’accusa che gli è costata il sequestro di tutti i beni, dai conti bancari agli yacht di lusso, e l’obbligo di soggiorno. L’ex capo dei veterinari dell’Asp di Palermo Paolo Giambruno è finito sotto processo insieme ad altri colleghi anche per altri reati: gli è stato contestato di aver chiuso più di un occhio sulle carni infette durante i controlli sugli allevamenti. Cosi come scrive “La Repubblica”, lui si è sempre difeso e ha lottato fino all’ultimo per dimostrare la sua innocenza. Solo adesso, da morto, è stato “riabilitato”: la sezione “Misure di prevenzione” del Tribunale di Palermo ha smontato pezzo dopo pezzo l’accusa di intestazione fittizia formulata dai pm, ha annullato il sequestro ordinato nel 2015 e la restituzione di conti, immobili e società agli eredi.
Un provvedimento di 89 pagine in cui il giudice mette in luce tutte le falle dell’inchiesta. A partire dall’esclusione di alcune intercettazioni che avrebbero potuto scagionare Giambruno dall’accusa di essere prestanome del mafioso (intercettazioni poi recuperate dagli avvocati che lo hanno difeso). Questo il passaggio: “Appare necessario integrare la prospettazione accusatoria (che ha valorizzato il contenuto di alcune conversazioni), anche alla luce di ulteriori conversazioni (pure intercettate ma trascritte solo su iniziativa della difesa, dunque inizialmente non portate all’attenzione del Tribunale)”.
Eppure – secondo il giudice delle Misure di prevenzione – quelle intercettazioni erano dirimenti per dimostrare che tra Giambruno e Cataldo – quest’ultimo già condannato per mafia – c’era sì un rapporto societario, ma alla luce del sole. “In conclusione – scrive il giudice dopo aver passato in rassegna uno per uno tutti i beni e le società – per quanto deprecabile possa apparire l’atteggiamento spregiudicato assunto dal Giambruno (non solo per il palese svolgimento di attività imprenditoriali nonostante il ruolo di pubblico funzionario, ma anche nell’intrattenere rapporti economici ed imprenditoriali con Cataldo), gli stessi non rivelano pure che il Giambruno si sia prestato a svolgere le funzioni di prestanome del Cataldo”.
“Semmai – si legge nel decreto – tutti gli elementi addotti a supporto della tesi accusatoria…si prestano ad una lettura alternativa che, specie alla luce degli ulteriori elementi dedotti dalla difesa, pare più plausibile, ridimensionando l’intero rapporto tra Giambruno e Cataldo a quello fra due soci e comunque finalizzato a progetti imprenditoriali e commerciali comuni”. “In sostanza – spiega l’avvocato Daniele Livreri, che difende i figli di Giambruno – il tribunale ritiene enormemente distante dalle emergenze delle indagini l’ipotesi di intestazione fittizia dei beni”.
Beni che adesso, dopo quattro anni, torneranno ai figli e alla moglie. Un riscatto solo parziale. Agli amici e ai colleghi che gli sono rimasti accanto ha sempre detto di avere un solo desiderio: vivere abbastanza a lungo per dimostrare di essere innocente. Ma il veterinario, rimosso dall’incarico di capo di dipartimento subito dopo il terremoto giudiziario, è morto ad agosto scorso senza arrivare all’esito del processo, ancora in corso per altri veterinari.