Mafia, confiscati beni per oltre 4 ml a imprenditore mazarese
Beni per un valore complessivo di oltre 4 milioni di euro sono stati confiscati dalla Dia all’imprenditore Vito Di Giorgi, originario di Campobello di Mazara. Giudicato, già nel 1996, persona socialmente pericolosa dal Tribunale di Trapani, che gli aveva inflitto la misura della “sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per la durata di quattro anni” (ridotta nel giudizio d’appello a tre anni) per “gravi indizi in ordine alla sua appartenenza alla consorteria mafiosa operante nel territorio di Mazara del Vallo, già facente capo a
Mariano Agate”. In quel procedimento confluirono gli esiti di una vasta indagine giudiziaria, in cui rimasero coinvolti, tra gli altri, noti personaggi locali quali il notaio Pietro Giuseppe Ferraro, l’ex sindaco di Mazara del Vallo (TP) Gaspare Bocina, gli imprenditori Antonino Cuttone e Giovanbattista Agate (fratello del boss Mariano), che portò alla luce sia l’illecita ingerenza dell’organizzazione mafiosa nella gestione degli appalti pubblici, che l’esistenza di connessioni tra organizzazioni mafiose e ambienti massonici “deviati”, utilizzati da “cosa nostra” per quell’opera di infiltrazione e condizionamento dei settori istituzionali meno impermeabili all’influenza mafiosa. Vi furono, infatti, alcuni stralci di conversazioni telefoniche e ambientali, da cui emerse per esempio il tentativo di “aggiustare”, attraverso opportune amicizie in ambienti massonici, un processo a carico di Giovanni Bastone, che si sarebbe dovuto celebrare a Trapani. Venne alla luce, in sostanza, l’esistenza di una fitta rete di collegamenti tra “uomini d’onore” e personaggi della massoneria deviata, utilizzati da “cosa nostra” per influenzare quei processi in cui l’organizzazione risultava interessata. Nella circostanza, Di Giorgi, con la complicità di compiacenti professionisti, pose in essere un’articolata sequenza di operazioni finanziarie, immobiliari e societarie attraverso le quali riuscì a trasferire fittiziamente ad altre ditte intestate a suoi familiari, parte rilevante del patrimonio immobiliare della Simed s.r.l., ottenendo anche degli indebiti e sostanziosi risparmi d’imposte. L’articolato sistema fraudolento, ricostruito dalla Dia di Trapani attraverso accurate indagini patrimoniali, è stato avvallato anche dalle perizie disposte dallo stesso Tribunale procedente che, nel 2016, su proposta avanzata dal Direttore della Dia d’intesa con il Procuratore della Repubblica Distrettuale di Palermo, ha dapprima disposto il sequestro dei suoi beni e, con l’odierno provvedimento, la confisca dell’intero patrimonio. L’attività ha interessato compendi aziendali, immobili, capitali sociali delle società coinvolte nell’operazione di trasferimento fraudolento di beni (Simed s.r.l., Eris s.r.l., Visit Sicily s.r.l. e Di Giorgi Costruzioni), nonché risorse finanziarie ritenute d’illecita provenienza, per un valore complessivo stimato in oltre 4 milioni di euro.