Omicidio Tocco, 30 anni a uno degli assassini grazie alle rivelazioni di Pipitone
Sono state determinanti le rivelazioni del pentito carinese Antonino Pipitone, per arrivare alla sentenza di condanna per omicidio nei confronti di Salvatore Gregoli, accusato dell’assassinio di Giampiero Tocco, il macellaio di Terrasini rapito ed ucciso nell’ottobre del 2006, da un commando di killer di Cosa nostra travestiti da agenti di polizia. La vittima venne sequestrata mentre era in auto con la figlia di 6 anni che chiamò terrorizzata la madre al telefono dopo aver visto portare via il padre. In caserma, la bambina ricostruì poi le drammatiche fasi del sequestro in un disegno. Una ricostruzione confermata in aula, a tanti anni di distanza, dal collaboratore di giustizia che, fino a tre anni fa, era a capo della famiglia mafiosa di Carini. Tocco fu portato via, torturato e ucciso col metodo della lupara bianca. Per l’omicidio sono stati condannati all’ergastolo i boss di San Lorenzo Salvatore e Sandro Lo Piccolo, poi anche Damiano Mazzola, ritenuti mandanti dell’agguato. A otto anni, condannati i collaboratori di giustizia Gaspare Pulizzi e Francesco Briguglio, accusati del sequestro e dell’uccisione. Il pubblico ministero Roberto Tartaglia ha ripercorso in aula tutte le fasi della complessa indagine, supportate dalle rivelazioni del pentito, grazie al quale sono stati scoperti anche i ruoli ricoperti da altre persone nell’assassinio di Giampiero Tocco, ovvero Salvatore Gregoli, Vincenzo e Giovanbattista Pipitone, gli ultimi due attualmente sotto processo davanti alla corte d’assise. Tocco fu ucciso perché i boss Lo Piccolo lo ritenevano tra i responsabili dell’omicidio di Giuseppe Di Maggio, figlio di don Procopio, boss di Cinisi. Gregoli è stato condannato anche a risarcire la famiglia di Giampiero Tocco, che si è costituita parte civile.