Inchiesta sui fratelli Caputo, le motivazioni del riesame: “gli elettori non furono ingannati”
Non ci fu alcun raggiro agli elettori: il candidato era Mario, non Salvino e la situazione era chiara agli elettori. Questa, in sintesi, la teoria del tribunale del riesame, che, dopo aver reso noto il dispositivo con cui faceva venir meno le esigenze cautelari, oltre che i gravi indizi di colpevolezza, nei confronti dei fratelli Salvino e Mario Caputo, adesso spiega pure le motivazioni di quel provvedimento.
I due, come è noto, il 4 aprile scorso erano stati posti agli arresti domiciliari con l’accusa di “attentato ai diritti politici del cittadino”, per poi tornare a piede libero il 20 aprile successivo, proprio su provvedimento del tribunale del riesame. Adesso il collegio presieduto da Lorenzo Jannelli, a latere Giuliano Castiglia e la relatrice Cristina Denaro, afferma che nonostante alcune “ambiguità”, fu sempre chiaro che il candidato era proprio Mario.
Salvino Caputo, come è noto, non potè candidarsi alle regionali per una condanna per abuso d’ufficio. Al suo posto venne candidato il fratello Mario, ma nei santini elettorali, c’era la dicitura “detto Salvino”. Da qui partirono le indagini con l’ipotesi di avere ingannato gli elettori.
Adesso il riesame spiega il perché di quel provvedimento. “A fronte di tali ambiguità – scrive il tribunale – va però sottolineato che la candidatura di Mario Caputo era stata portata a conoscenza dei cittadini sia attraverso i mass media che i social network e che entrambi i fratelli Caputo si erano impegnati nella campagna elettorale del candidato Mario, partecipando a comizi e incontrando gli elettori”.