Sequestrato impianto di calcestruzzo ad imprenditori antiracket Impastato (Video)
Un ingente patrimonio, del valore di oltre un milione e mezzo di euro, intestato a Giuseppe e Stefano Impastato, ma riconducibile al padre Andrea, è finito sotto sequestro in esecuzione di un decreto emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo, su proposta della Procura.
I sigilli sono stati apposti alle quote sociali e all’intero compendio aziendale della U.NI.CEM. S.R.L.S. e della ADELKAM S.R.L., rispettivamente con sedi legali a Montelepre ed Alcamo, a numerosi veicoli e macchinari per la produzione di calcestruzzo, ad 80 mila euro presenti nei conti correnti delle due imprese e ad assegni bancari per un valore totale di circa 133 mila euro. Nel dettaglio, il 70% della ADELKAM S.R.L. apparterrebbe a Giuseppe Impastato e il restante 30% a Giovanna Mistretta, moglie di Vito CAMMARATA, già dipendente e/o socio di alcune delle società sottoposte a sequestro.
In entrambe le circostanze, i soci delle due compagini sociali, avrebbero sempre dichiarato redditi modesti, incompatibili sia con la costituzione e l’avviamento delle imprese commerciali, sia con i successivi investimenti, come l’acquisto di materiali e veicoli.
L’imprenditore Andrea Impastato, 69 anni, originario di Cinisi, ha finito di scontare una condanna per mafia e il periodo di libertà vigilata, è scaduto lo scorso giugno. Il suo patrimonio, composto soprattutto da impianti di Calcestruzzo nel territorio di Carini, finì sotto sequestro nel 2008. Il provvedimento era stato voluto della vecchia sezione per le Misure di prevenzione presieduta dal giudice Silvana Saguto, oggi sotto inchiesta e sospesa. Dell’elenco dei beni faceva parte la Icocem srl, intestata a Giuseppe e Stefano.
Dalle indagini della Questura di Palermo sarebbe emerso che nel 2014, e cioè successivamente al primo sequestro, i figli avevano costituto una nuova società, la Unicem srl. Stesso settore (vendita di materia edile), stessa sede, stessa compagine sociale e stesso depositario delle scritture contabili: secondo gli investigatori, non si tratterebbe di coincidenze, ma di un piano preciso per continuare a lavorare nel settore, aggirando il precedente sequestro.
Da qui la richiesta della Procura di estendere il sequestro anche alla Unicem, con sede a Montelepre, e non solo. Lo scorso settembre ai giudici è giunta una richiesta integrativa con la quale si chiedeva di sequestrare anche la Adelkam srl di Alcamo. Entrambe le richieste sono state ora accolte dal Tribunale per le misure di prevenzione, presieduto da Raffaele Malizia.
Non sono bastate le denunce dei figli di Impastato, che si sono anche costituiti parte civile contro alcuni esattori del pizzo. Per il tribunale le nuove aziende non sono altro che la prosecuzione del business di famiglia, anzi sarebbero state proprio costituite con il patrimonio inquinato accumulato dal vecchio Impastato, uomo di fiducia del boss Bernardo Provenzano.
Qualche sospetto era già venuto alla prefettura di Palermo, che aveva fatto scattare una interdittiva antimafia per la Unicem, poi però cassato dal Cga.
Andrea Impastato è figlio di Giacomo, detto “u sinnacheddu”, a suo tempo esponente mafioso di spicco della famiglia di Cinisi, in costante relazione con i noti BADALAMENTI, e fratello di Luigi Impastato, ucciso a colpi d’arma da fuoco, in un agguato di mafia il 22 settembre del 1981 a Palermo.
L’imprenditore, dopo avere finito di scontare la condanna per associazione a delinquere di stampo mafioso, ha vissuto otto anni in regime di libertà vigilata. Il 6 giugno scorso il Tribunale di sorveglianza di Palermo ha dichiarato “cessata la pericolosità sociale, revocando la misura di sicurezza” dopo che Impastato ha lavorato come volontario in una onlus di Carini.
Sulla vicenda – così come scrive Live Sicilia – interviene il legale degli Impastato, l’avvocato Andrea dell’Aira il quale si chiede se “Bisogna fare ricadere sui figli e per sempre, le colpa del cognome che portano?”
“I figli – aggiunge – non sono mai stati direttamente coinvolti in nessun processo e il Consiglio di giustizia amministrativa il mese scorso ha accolto il ricorso contro un’interdittiva antimafia della prefettura che aveva colpito la Unicem. Il presupposto è che, oltre a non risultare cointeressenze paterne nell’azienda dei figli, il padre risulta avere mantenuto negli anni passati una condotta moralmente integerrima. Cosa dovrebbero fare i giovani Impastato, accettare di non poter più fare un lavoro onesto solo per il cognome che portano? Rifugiarsi nel comodo sottobosco dell’illegalità? Da nessuna parte peraltro – conclude il legale – vi è alcun riferimento ad ingerenze del padre nella vita o nelle aziende dei figli. Gli stessi figli che si sono costituiti parte civile e sono destinatari di risarcimenti dai presunti mafiosi che li hanno estorti come nel caso del processo a carico di Diego Ruggieri (la cui sentenza di appello è prevista proprio per oggi). Senza contare che la stessa sentenza di condanna che ha colpito il padre ha stabilito il suo allontanamento dagli ambienti mafiosi sancito dalle sue successive denunce contro gli esattori del racket datandolo tra la fine del 2008 ed il 2009. Cosa può entrarci l’azienda dei figli nata nel 2014?”
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