Corleone, sequestrati beni al capo dei capi Totò Riina
Scoperto il tesoretto del capo dei capi di Cosa Nostra. I carabinieri del Ros, sono riusciti a mettere le mani su una villa e 38 conti correnti, intestati ai familiari e a persone riconducibili al Boss Totò Riina, il corleonese rinchiuso al 41 bis dal 1993. La villa di 5 vani, finita sotto sigillo, si trova a Mazara del Vallo, dove Riina ha trascorso le sue ultime estati da latitante. Le intercettazioni hanno rivelato che l’edificio sequestrato, fosse stato oggetto di disputa tra Gaetano Riina, fratello del boss che vi si trasferì dopo il suo arresto insieme alla propria famiglia, e la cognata, Ninetta Bagarella, che ne rivendicava la proprietà per sé e i suoi figli. Scoperto un conto in banca, con relativa posizione per fare trading on line e, un conto alle poste, al figlio, Salvo Riina, colui che venne intervistato da Bruno Vespa a Porta a Porta. La figlia Maria Concetta, residente col marito a San Pancrazio Salentino, in Puglia, gestisce invece tre conti alle Poste e uno in banca. La figlia piccola, Lucia, di professione pittrice con tanto di sito Internet per pubblicizzare i suoi lavori, ha un conto e un deposito a risparmio alle Poste, un altro in banca. Secondo gli investigatori, a gestire i beni della famiglia dell’ergastolano Totò Riina, sarebbe il genero Tony Ciaravello, marito di Maria Concetta, imprenditore nel settore dei ricambi per auto e delle riparazioni. A lui sono state sequestrare tre società, la Clawstek srl e la Rigenertek srl, con sede a San Pancrazio Salentino, la Ac Service srl con sede a Lecce. Sigilli anche per le disponibilità economiche di Ciavarello, che sono custodite in 16 conti correnti bancari, un conto postale, due depositi titoli e due depositi a risparmio. Gli investigatori del Ros hanno scoperto che fra il 2003 e il 2010, il genero di Riina ha versato in contanti 136 mila euro, di cui 97 mila su un conto del Monte dei Paschi di Siena. Anche la moglie del boss, Ninetta Bagarella, ha una gran bella disponibilità di contante. Fra il 2007 e il 2013 ha emesso assegni circolari o vaglia postali per i propri familiari detenuti per un totale di 42 mila euro. Il procuratore Francesco Lo Voi e il suo aggiunto Dino Petralia hanno ottenuto dal tribunale Misure di prevenzione presieduto da Raffaele Malizia, a latere Giuseppina Di Maida e Vincenzo Liotta, il blocco dei conti su cui far partire verifiche più approfondite. Intercettato in carcere, Riina si vantava che, anche avesse recuperato solo un terzo di ciò che possedeva, sempre ricco sarebbe rimasto. Nelle stesse intercettazioni, Riina faceva riferimento anche al nipote prediletto Giovanni Grizzaffi, scarcerato dopo avere scontato una pena a 30 anni di reclusione e tornato a Corleone lo scorso 5 luglio. Il Tribunale di Palermo, contestualmente al sequestro, ha inoltre sottoposto ad amministrazione giudiziaria l’azienda agricola dell’ente Santuario Maria Santissima del Rosario di Corleone, di proprietà della Curia di Monreale. In particolare è stata accertata l’ingerenza di Salvatore RIINA e della sua famiglia nel controllo e nella gestione di un vasto appezzamento di terreno del santuario, esercitati inizialmente attraverso Vincenzo Di Marco, storico giardiniere e autista della famiglia Riina, e dal 2001 per il tramite del figlio, Francesco Di Marco. Le indagini del ROS hanno fatto emergere l’irregolare gestione dell’azienda agricola, di fatto amministrata per conto della famiglia Riina alla quale spettava ogni decisione, privando di autorità il legale rappresentante dell’Azienda. Il dato rappresenta un ulteriore elemento sintomatico di come l’anziano e malato capo di cosa nostra, nonostante la lunga detenzione, sia riuscito nel tempo ad imporre il proprio volere riguardo dinamiche criminali non solo interne al mandamento di Corleone, ma anche nei più generali assetti di cosa nostra, come hanno dimostrato, nel 2008, gli esiti dell’operazione dei carabinieri denominata “Perseo”. Il provvedimento di sottoporre all’amministrazione giudiziaria l’azienda agricola, secondo la procura, si è reso necessario per estromettere le infiltrazioni di mafia nella gestione dei terreni e nella distribuzione delle rendite.