Blitz antimafia di Polizia di Stato e Guardia di Finanza a Palermo (Video)
Blitz all’alba degli uomini della sezione criminalità organizzata della Squadra Mobile di Palermo e dalle fiamme gialle tra la Sicilia, la Toscana, il Lazio, la Puglia, l’Emilia Romagna e la Liguria. 34 le persone finite in manette per associazione mafiosa, tra cui 17 esponenti del mandamento di Brancaccio. Sequestrate, inoltre, 42 aziende per un valore complessivo di 60 milioni di euro. Le indagini della Direzione Distrettuale Antimafia hanno fatto emergere la capacità della mafia di rigenerarsi, attraverso il coinvolgimento di persone insospettabili. Come il fratello di Giovanni Lo Porto, l’operatore umanitario rapito da Al Qaeda nel 2012, in Pakistan, e ucciso tre anni fa da un drone americano nel corso di un’operazione antiterrorismo.
Giuseppe Lo Porto, era un fidatissimo del capomafia di Brancaccio, Pietro Tagliavia, rampollo di una storica famiglia di mafia coinvolta nelle stragi del ’92-’93. Si occupava della gestione della cassa e della distribuzione delle “mensilità” alle famiglie dei carcerati. Gli introiti arrivavano dalle estorsioni imposte a tappeto nella parte orientale della città, ma anche da alcuni affari adesso svelati dai finanzieri del nucleo di polizia tributaria.
In carcere anche un imprenditore che negli ultimi anni ha fatto fortuna con il business delle pedane di legno. E’ Francesco Paolo Clemente. La nuova frontiera del riciclaggio è nelle false fatturazioni, ne hanno scoperte una montagna le fiamme gialle del comando provinciale, realizzate attraverso 35 società sparse fra Lazio, Puglia, Toscana, Liguria e Emilia Romagna, società che adesso vengono sequestrate.
Tra i soggetti destinatari di custodia cautelare in carcere si annovera Pietro Tagliavia, capo del mandamento mafioso di Brancaccio e della famiglia di “Corso dei Mille”, attualmente ai domiciliari, il quale, in tale veste, ha guidato il traffico di stupefacenti, il sistema delle estorsioni attuate sul territorio di riferimento, la gestione, tramite compiacenti prestanome, di un ramificato gruppo di imprese – operanti sul territorio nazionale principalmente nel settore della commercializzazione degli imballaggi industriali, nonché del gioco del lotto abusivo nel mandamento da lui controllato.
È stato ricostruito l’intero organigramma delle famiglie mafiose appartenenti al mandamento, definendo ruoli e competenze di ciascun associato e, in particolare, individuando gli elementi di vertice. Tra questi spiccano le figure di Claudio D’AMORE, Bruno MAZZARA e Giuseppe LO PORTO, tutti fidati collaboratori di TAGLIAVIA. Francesco Paolo CLEMENTE, Francesco Paolo MANDALA’, Gaetano LO COCO incaricati del controllo delle numerose aziende, tutte intestate a prestanome, utilizzate per realizzare le frodi di natura fiscale, conseguendo il monopolio regionale e una posizione dominante nella commercializzazione degli imballaggi industriali nelle altre regioni italiane; Giuseppe CASERTA e Cosimo GELOSO, rappresentanti della famiglia di “Brancaccio”; ed infine Giuseppe MANGANO, Giuseppe DI FATTA e Antonino MARINO, titolati rappresentanti della famiglia “Roccella”. Le investigazioni, eseguite in stretto coordinamento dalla Squadra Mobile e dal G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Tributaria di Palermo, hanno consentito di fare luce su numerosi episodi di minacce, danneggiamento, estorsione, furto e detenzione illegale di armi.
Sono state ricostruite decine di estorsioni perpetrate ai danni sia di imprese edili impegnate in importanti lavori di ristrutturazione, sia di piccole attività commerciali storicamente attive nel territorio.
È stato ancora documentato come i rappresentanti del sodalizio mafioso, come è prassi, abbiano voluto esibire il proprio prestigio e fornire dimostrazione della propria forza anche in occasione di una delle ricorrenti feste rionali, autorizzando l’installazione di stand espositivi e monopolizzandone i guadagni.
Nei casi in cui le vittime hanno cercato di resistere alle pressioni degli associati non sono mancate le violente ritorsioni, che hanno trovato manifestazione in incendi di intere attività commerciali, in episodi di violenza privata e in danneggiamenti di notevole entità. Le indagini hanno permesso di dimostrare anche la disponibilità di armi in capo agli associati, i quali, in diverse occasioni, hanno dato prova di poterne fare uso all’occorrenza.