Alcamo. Omicidio Coraci, condannati all’ergastolo i fratelli Gatto
Ergastolo per i fratelli Francesco e Vincenzo Gatto, accusati dell’omicidio di Enrico Coraci, di 34 anni, alcamese. La sentenza è stata emessa nel primo pomeriggio ieri dal gup del tribunale di Trapani Caterina Brignone. I due avevano scelto di essere giudicati con il rito abbreviato. I fatti risalgono al 2015. Il delitto si consumò nella notte tra il 20 e il 21 novembre in via Ruisi al culmine di una furiosa lite scoppiata di fronte a una panineria.
Coraci, avrebbe dato uno schiaffo a uno dei due fratelli. Poche ore dopo l’episodio, i due fratelli raggiunsero Coraci colpendolo al torace con un fucile. Il 34enne morì dopo due giorni di agonia nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale Cervello di Palermo, dove era stato trasportato in condizioni gravissime.
I due giovani inizialmente erano riusciti a far perdere le proprie tracce, ma il ritrovamento del fucile condusse gli inquirenti in poche ore sulla pista giusta. A nulla è servita la difesa di Francesco Gatto che ha cercato di scagionare il fratello raccontando ai magistrati che Vincenzo era all’oscuro di tutto e autoaccusandosi di essere stato lui a premere il grilletto. Secondo le indagini invece, Vincenzo non solo sapeva del fucile, ma era anche consapevole del piano di morte architettato da Francesco. I due erano volti noti alle autorità, perché erano finiti nei guai per questioni di droga.
Il pubblico ministero Rossana Penna aveva inizialmente chiesto per entrambi i fratelli una condanna a 30 anni di reclusione, poi riformulata in ergastolo. Il giudice ha anche riconosciuto un risarcimento alle parti civili: 150mila euro alla mamma, 50mila euro al padre e 100mila euro alle due sorelle. «In attesa di leggere le motivazioni della sentenza – afferma l’avvocato Bruno Vivona, che assieme ai colleghi Sebastiano Dara e Antonio Vallone ha assistito i familiari della vittima – mi pare una sentenza che rispecchia le risultanze processuali emerse nel corso del giudizio abbreviato e che resisterà in caso di appello».
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