Corleone, un rinvio a giudizio per “l’inchino del Santo” davanti casa Riina
Sarò processato, il corleonese Leoluca Grizzaffi, cugino di secondo grado di Ninetta Bagarella, consorte del boss indiscusso di Cosa Nostra ed ergastolano Totò Riina.
Grizzaffi, infatti, come scrive il giornale di Sicilia, il prossimo 20 marzo, dovrà comparire davanti ai giudici del Tribunale di Termini Imerese per rispondere dell’accusa turbamento di manifestazioni religiose.
Lo stesso indagato, secondo gli investigatori, si sarebbe reso responsabile dell’”inchino” che, nel giugno dello scorso anno, la confraternita di San Giovanni Evangelista di cui Grizzaffi era membro, fece fare all’omonimo simulacro, durante la processione per le strade di Corleone, proprio davanti casa Riina, in via Scorsone 24, sotto lo sguardo compiaciuto di Ninetta Bagarella che, era si era affacciata al balcone.
Un omaggio alla famiglia mafiosa che, non passò inosservato al commissario di polizia e al maresciallo dei carabinieri che, al riguardo, dopo avere abbandonato la processione in segno di disapprovazione, inviarono una informativa alla Procura distrettuale antimafia. Pure l’Arcivescovado di Monreale, che già da tempo obbliga le confraternite ad espellere dai sodalizi religiosi soggetti con precedenti penali per mafia, prese posizione in merito, nominando un’apposita commissione d’indagine.
L’inchiesta che ha portato al rinvio a giudizio di Leoluca Grizzaffi, incensurato, è stata condotta dal procuratore Alfredo Morvillo e dal pm Giovanni Antoci .
Intanto, non si placano le polemiche sull’autorizzazione che, l’Arciprete di Corleone Mons. Don Vincenzo Pizzitola, ha dato al figlio di Totò Riina, Giuseppe Salvo, scarcerato alcuni anni fa dopo avere scontato una condanna a 8 anni e 8 mesi per associazione mafiosa, di battezzare la propria nipotina.
Sulla vicenda è intervenuta pure la sorella del magistrato ucciso da Cosa Nostra Giovanni Falcone : “Non penso che, un condannato per mafia – ha detto Maria Falcone – anche se uscito dal carcere, possa avere quei principi morali che consentano di dare ad un figlioccio, il giusto indirizzo per fare scelte edificanti nella vita”. Così come, l’Arcivescovo di Monreale Mons. Michele Pennisi, attualmente in viaggio missionario in Tanzania, nel condannare la scelta del sacerdote senza che lo stesso si fosse preoccupato di avvertire la Curia, ricorda che “nel battesimo, un padrino deve essere il garante della fede, deve dare testimonianza con le sue azioni e – ha aggiunto l’Alto Prelato – non mi risulta che Giuseppe Salvo Riina abbia mai espresso parole di ravvedimento per la sua condotta”. Una posizione, quella presa da Mons. Pennisi che è stata condivisa dal Presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone, secondo cui: i condannati per mafia come Riina, che hanno avuto erroneamente pure l’opportunità di andare in tv nazionale per mandare messaggi, andrebbero isolati”