In carcere da innocente, arriva il risarcimento record per l’alcamese Gulotta: nascerà una fondazione
È arrivato finalmente l’indennizzo dello Stato per Giuseppe Gulotta e per la sua vita devastata da un tragico errore giudiziario. In tutto 6 milioni e mezzo di euro, che dopo anni di carcere, di disperazione e di difficoltà economiche permetteranno all’ex ergastolano, accusato ingiustamente dell’atroce esecuzione di due giovani carabinieri, Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta, trucidati il 26 gennaio 1976 nella piccola caserma di Alcamo Marina, di assicurare un po’ di agiatezza alla moglie Michela e ai figli e di aiutare chi, come lui, è finito in carcere innocente.
Giuseppe Gulotta, alcamese, che vive da molti anni in Toscana, a Certaldo, ha inoltre deciso che parte del denaro andrà a sostenere il parroco che tanto ha aiutato lui e la sua famiglia. Gulotta “è un uomo orientato all’impegno sociale”, spiega l’avvocato Pardo Cellini. “Lo sente profondamente e vuole aiutare chi come lui subisce una condanna ingiusta. La prossima settimana sarà costituita la Fondazione che prenderà il suo nome. Giuseppe non ha ancora deciso quanto denaro devolvere ma ha ben chiaro che sarà una sorta di gratuito patrocinio privato per chi è stato oggetto di errori giudiziari ed è in carcere innocente. Sarà tutto chiaro e trasparente e noi speriamo che anche altri avvocati aderiscano al progetto.”
Giuseppe Gulotta, nato il 7 agosto 1957, aveva poco più di 18 anni quando finì nel “tritacarne di Stato“. Chiamato in causa con altri da un giovane che, dopo essere stato trovato in possesso di armi, fu torturato, costretto a ingoiare acqua, sale e olio di ricino e a subire scosse elettriche ai testicoli, anche lui fu incatenato, circondato da “un branco di lupi”, picchiato, insultato, umiliato e torturato, finché – come ha raccontato nel libro Alkamar scritto con Nicola Biondo e pubblicato da Chiarelette – “sporco di sangue, lacrime, bava e pipì” – non ha firmato una confessione che, seppure ritrattata il giorno successivo, gli ha distrutto la vita. Il 13 febbraio 1976 fu arrestato e dopo ben nove processi il 19 settembre 1990 fu condannato definitivamente all’ergastolo. Scarcerato poi decorrenza dei termini della custodia cautelare, era stato allontanato dalla Sicilia. I genitori lo mandarono in Toscana, a Certaldo, e qui – fra un processo e l’altro – Giuseppe ha conosciuto Michela, sua moglie, che gli ha dato la forza di resistere nei 15 anni trascorsi in carcere. Nel 2005 ha ottenuto la semilibertà.
Sarebbe comunque rimasto un “mostro” assassino se nel 2007 un ex carabiniere non avesse deciso di raccontare le torture a cui aveva assistito. Da allora Giuseppe – assistito dagli avvocati Baldassarre Lauria e Pardo Cellini – ha intrapreso l’impervio percorso della revisione del processo. Il 13 febbraio 2016 – esattamente 40 anni dopo il suo arresto – è stato riconosciuto innocente e assolto con formula piena dalla corte di appello di Reggio Calabria. Quattro anni più tardi, il 12 aprile 2016, dopo altre estenuanti battaglie gli è stato definitivamente riconosciuto l’indennizzo a titolo di riparazione dell’errore giudiziario. Anche gli altri tre giovani condannati come lui sono usciti assolti dal processo di revisione, incluso Giovanni Mandalà, morto in carcere disperato nel 1998. Per Gulotta e i suoi familiari lo Stato si appresta a versare un indennizzo record, il più alto mai riconosciuto in Italia: 6 milioni e 600 mila euro.
fonte Repubblica Firenze
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