Asp 6, l’ex dirigente del Dipartimento Veterinario prosciolto dall’accusa di assenteismo
L’ex dirigente del dipartimento veterinario dell’Asp 6, Paolo Giambruno, oggi in pensione, è stato prosciolto dall’accusa di assenteismo, assieme al collega Giacomo Iuppa, dal Gup Roberto Riggio. L’ìpotesi di truffa aggravata gli era stata contestata per un’assenza ritenuta ingiustificata. Ma per il giudice, che ha accolto la tesi dei difensori dei due imputati, il fatto non sussiste per entrambi. Nel caso specifico di Giambruno, i legali avrebbero dimostrato che, nel 2013, il veterinario aveva lavorato 98 ore e 32 minuti in più, rispetto all’orario di lavoro standard previsto dal contratto nazionale del lavoro e, di non avere mai richiesto né goduto, sebbene ne avesse il diritto, soprattutto in due diversi casi di ricovero in strutture sanitarie del nord per un totale di 34 giorni, congedi per malattia. Ma sulla testa di Paolo Giambruno, pende ancora un’altra spada di Damocle. L’ex dirigente dell’Asp ed ex presidente dell’ordine dei medici veterinari, ormai in pensione, è attualmente imputato in un altro delicato processo, quello relativo alla maxi inchiesta che, nell’aprile del 2015 coinvolse 29 persone tra funzionari e dirigenti del dipartimento veterinario, allevatori e amministratori di aziende, per reati che vanno dall’abuso d’ufficio, alla concussione, al falso ideologico, alla truffa aggravata fino al commercio di sostanze alimentari nocive. Il dibattimento è ancora in corso nella quarta sezione penale del tribunale di Palermo, per verificare se, tra le altre cose, abbia favorito alcuni commercianti sottoposti a controlli sanitari e falsificato documenti allo scopo di consentire l’immissione su mercato di carne bovina infettata dalla tubercolosi. L’inchiesta era partita dalla denuncia di un altro veterinario del dipartimento, contro denunciato dagli indagati, che aveva pure parlato di tangenti di cui – ha sottolineato Giambruno nell’autodifesa – non c’è alcuna traccia. Io sono accusato di tre episodi di concussione perché avrei cercato di costringere alcuni colleghi a fare determinate cose. Non si tratta di tangenti e comunque nel dipartimento non abbiamo fatto trasferimenti punitivi”. Accuse tutte gravissime, da sempre respinte dallo stesso Giambruno che, è stato sottoposto, pure, ad un procedimento per l’applicazione di misure di prevenzione, subendo il sequestro dei suoi beni, perché ritenuto prestanome in operazioni e affari immobiliari condotti assieme al presunto mafioso di Carini Salvatore Cataldo, recentemente finito in manette per duplice omicidio, dopo le rivelazioni del pentito Nino Pipitone. Anche in questo caso, Giambruno si è sempre difeso evidenziando che, nel 2004, quando ebbe rapporti con Cataldo, quest’ultimo era solo un incensurato. Paolo Giambruno, in una nota dei suoi difensori: Roberto Ferrara e Daniele Livreri, ha manifestato “incondizionata fiducia nell’operato dell’autorità giudiziaria, a cui si è sempre rivolto anche per denunciare personaggi di spicco della criminalità organizzata, mettendo in pericolo la propria incolumità personale”.