Omicidio Concetta Conigliaro, negata, al processo, nuova audizione della figlia minore

No del tribunale ad una nuova audizione in aula della figlia di Salvatore Maniscalco, l’uomo di San Giuseppe Jato che avrebbe uscciso e bruciato la moglie Concetta Conigliaro.

Le figlie dell’imputato, entrambe minori, durante la prima fase del processo, si erano schierate con il padre, ma una consulenza aveva ritenuto inattendibile la loro deposizione. Il pg Giuseppe Fici ha cercato di far rivalutare il contributo dato dalla bambina più grande, che ha appena 10 anni, chiedendo una nuova perizia, ma la seconda sezione della Corte d’Assise d’appello glielo ha negato.

Una decisione alla quale si è opposto l’avvocato Salvatore Ferrante che assiste Salvatore Maniscalco, mentre i legali di Vincenzo e a Antonino Caltagirone, coimputati nello stesso procedimento giudiziario, si sono rimessi alla decisione del collegio presieduto da Biagio Insacco, a latere Roberto Murgia.

Vincenzo e Antonino Caltagirone, il primo libero, mentre l’altro detenuto, sono stati condannati per pene minori rispetto a Salvatore Maniscalco, rispettivamente a 3 anni e a 4 anni e 8 mesi. Loro, infatti rispondono solo dell’accusa di distruzione del cadavere di Concetta Conigliaro, uccisa il 9 aprile del 2014 all’età di 27 anni.
I resti del suo cadavere, che venne bruciato dentro un fusto in contrada Giambascio, a San Giuseppe Jato, furono rinvenuti un paio di mesi dopo.

Il processo in corso è indiziario e si basa sulle confessioni di Maniscalco che, però, si sarebbe più volte contraddetto. Il suo legale ha sempre puntato sulla tesi della legittima difesa, partendo proprio dalle dichiarazioni della figlioletta che, al gip Lorenzo Matassa, raccontò che la mamma desse botte al papà.

La bambina, durante l’incidente probatorio, avrebbe anche detto al gip di vivere bene senza la mamma e che, piuttosto, a mancarle fosse il padre. Ma altre esternazioni, come riferimenti a demoni o altri racconti poco credibili, avevano portato i periti del pubblico ministero a ritenere inattendibile il contributo, sebbene il giudice Sergio Ziino, decise di rivalutarlo in fase di sentenza di primo grado, emessa il 15 luglio dello scorso anno, che portò alla condanna a 20 anni di carcere per Salvatore Maniscalco.

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