Montelepre, Volta la Carta e “I passi dell’antimafia”
La storia dell’agente di polizia, Nino Agostino, ucciso il 5 agosto del 1989 a Villagrazia di Carini, insieme alla moglie Ida Castellucci, incinta di cinque mesi di una bambina e, quella di Rita Atria, testimone di giustizia ripudiata dalla propria famiglia mafiosa, che si uccise una settimana dopo la strage di Via D’Amelio perché proprio per la fiducia che riponeva nel magistrato Paolo Borsellino si era decisa a collaborare con gli inquirenti.
Sono le testimonianze portate oggi a Montelepre, nella Chiesa di Santa Rosalia, dai coniugi Vincenzo Agostino e Augusta Schiera e da Nadia Furnari, vicepresidente dell’associazione Rita Atria, nell’ambito della manifestazione “I passi dell’Antimafia” organizzata dall’associazione Volta La Carta, in collaborazione dell’Istituto Comprensivo Alessandro Manzoni, nel giorno della commemorazione della strage di Capaci.
Vincenzo Agostino, con la barba bianca che non taglia più da quel giorno, è emozionato nel racconto di quegli attimi e di quel delitto ancora impunito. Sono trascorsi 27 anni dal 5 agosto 1989. Mentre è del 26 febbraio scorso il confronto all’americana in cui ha riconosciuto Giovanni Aiello, l’ex poliziotto ed ex agente dei Servizi segreti, chiamato “faccia da mostro”, per una cicatrice sul viso, che, qualche giorno prima del delitto, aveva suonato alla sua porta cercando il figlio Antonino.
Della vittima indiretta della mafia, Rita Atria, collaboratrice di giustizia, morta suicida il 26 luglio 1992, una settimana dopo la strage di via D’Amelio, parla Nadia Furnari, vicepresidente dell’associazione dedicata alla ragazza che, confidando nella giustizia, osò ribellarsi alla propria famiglia mafiosa che la ripudiò.
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