Terrasini. Scoperta discarica in ex cava confiscata alla mafia

Sono circa 300 metri cubi che contengono di tutto. Copertoni, bombole di ossigeno, computer e sfabbricidi. Per rimuoverli potrebbero servire circa cinquanta mila euro. Ma, non sarebbe facile visto che tutto è stato ben mescolato insieme. Sono queste le cifre della montagna di rifiuti speciali che qualcuno ha pensato di portare nell’impianto chiuso di contrada Ramaria a Terrasini. Ovviamente in modo abusivo e dopo avere forzato i cancelli. Sono stati i tecnici comunali e la polizia municipale a individuare il deposito. Da circa dieci anni, il terreno, confiscato per mafia alla famiglia D’Anna, non è più deputato a ricevere materiale. Discarica Terrasini c.da RamariaLa zona isolata e lontana dal paese, però, era nota all’autore del gesto che ha scaricato tonnellate di materiale triturato. Quindi, avrà avuto a disposizione un autoarticolato oppure un camion che ha effettuato diversi viaggi. Ma, soprattutto, è probabile che disponga di un sistema per frantumare componenti di questa natura. Ipotesi, queste, che sono al vaglio di chi indaga. Prima di tutto dei vigili urbani di Terrasini che hanno sequestrato la zona e informato del reato i carabinieri della compagnia di Carini. Rieccola, quindi, la ex discarica dei d’Anna che torna sotto i riflettori della cronaca. L’ultima volta se ne parlò nel 2006, quando una nota della Prefettura tirò le orecchie agli amministratori comunali dell’epoca. Dopo cinque anni di chiusura, Terrasini aveva speso un milione di euro per aumentarne la capacità di conferimento. Terminate le opere, bisognava allestire un piano finanziario che stabilisse il costo dei rifiuti e le modalità di gestione che si pensava di affidare alla società mista comunale. Le discussioni andarono avanti per mesi, fino a quando l’Amministrazione fu accusata di “prolungata inerzia”e minacciata di vedersi arrivare un commissario ad acta perché non si trovava una soluzione. Ma, il Ministero degli Interni mise in discussione l’utilizzo della “Terrasini servizi” perché non era possibile al socio privato del Comune trarre profitto da un bene confiscato. Quindi, il progetto si arenò fino all’arrivo del commissario per l’emergenza rifiuti Felice Crosta che decise un nuovo prezziario. Nel frattempo, gli assessori dell’epoca assicurarono che avrebbero gestito la struttura con personale comunale e, a quel punto, sembrò che non ci fossero ostacoli ad una riapertura che sarebbe dovuta durare cinque anni e assicurare un bel introito all’erario. Invece, non se ne fece niente. Poi, la competenza passò all’Ato e, da quel momento, ci fu l’oblio. Almeno, fino a questi ultimi fatti. “Ho chiesto agli uffici di relazionare su quanto è avvenuto e di avvisare l’autorità giudiziaria” dice il sindaco Massimo Cucinella che, adesso, non esclude la possibilità di chiedere alla Regione il riutilizzo della discarica.

foto di Riccardo Salvia

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