L’arcivescovo Pennisi: «distinguere il matrimonio dalle unioni omosessuali»
“Il matrimonio di un uomo e di una donna non è la stessa cosa dell’unione di due persone dello stesso sesso. Distinguere non è discriminare, al contrario è rispettare.” E’ la presa di posizione dell’arcivescovo di Monreale Michele Pennisi, che interviene nel dibattito sulle unioni civili. Pubblichiamo integralmente il comunicato stampa:
Il santo Padre Francesco ha ribadito recentemente che “non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione”. La roccia della differenza è fondamentale per ritessere l’umano che rischia diversamente di essere polverizzato in un indistinto egualitarismo che cancella la differenza sessuale e il diritto dei figli ad avere un padre e una madre.
Voglio richiamare una lettera che il cardinale Bergoglio indirizzò il 5 luglio 2010 al dottor Justo Carbajales, Direttore del Dipartimento dei Laici della Conferenza Episcopale Argentina, il quale aveva organizzato una Marcia per la Vita e la Famiglia che voleva opporsi alla legge sul «matrimonio» omosessuale, poi sventuratamente approvata dal Parlamento argentino. Ecco alcune affermazioni del card. Bergoglio:
«Caro Justo, la Commissione Episcopale per i Laici della Conferenza Episcopale Argentina, nell’esercizio della libertà propria di tutti i cittadini, ha preso l’iniziativa di organizzare una manifestazione contro la possibile approvazione di una legge sul matrimonio fra persone dello stesso sesso, riaffermando nel contempo la necessità che ai bambini sia riconosciuto il diritto ad avere un padre e una madre, necessari per la loro crescita ed educazione.
Con questa lettera desidero dare il mio appoggio a questa espressione di responsabilità del laicato. Non si tratta di una questione di semplice terminologia o di convenzioni formali relative a una relazione privata, ma di un vincolo di natura antropologica.
L’essenza dell’essere umano tende all’unione dell’uomo e della donna come realizzazione reciproca, come attenzione e cura, come cammino naturale verso la procreazione. Questo conferisce al matrimonio la sua elevatezza sociale e il suo carattere pubblico.
Il matrimonio precede lo Stato ed è la base della famiglia, che è cellula della società precedente a ogni legislazione e precedente perfino alla Chiesa. Da questo deriva che l’approvazione del progetto di legge in discussione significherebbe un reale e grave regresso antropologico.
No, il matrimonio di un uomo e di una donna non è la stessa cosa dell’unione di due persone dello stesso sesso. Distinguere non è discriminare, al contrario è rispettare. Differenziare per discernere è valutare in modo proprio, non è discriminare.
In un’epoca in cui si insiste tanto sulla ricchezza del pluralismo e della diversità culturale e sociale, è davvero contraddittorio minimizzare le differenze umane fondamentali. Un padre e una madre non sono la stessa cosa.
Non possiamo insegnare alle future generazioni che è la stessa cosa prepararsi a un progetto di famiglia assumendo l’impegno di una relazione stabile tra uomo e donna e convivere con una persona dello stesso sesso.
Stiamo attenti a che, cercando di mettere davanti un preteso diritto degli adulti che lo nasconde, non ci capiti di lasciare da parte il diritto prioritario dei bambini – gli unici che devono essere privilegiati – a fruire di modelli di padre e di madre, ad avere un papà e una mamma.
Ti affido un incarico: da parte vostra, nel linguaggio ma anche nel cuore, non ci siano aggressività e violenza contro nessun fratello. I cristiani si comportano come servitori di una verità, non come suoi padroni.».
La lettera dell’allora cardinale Bergoglio mostra con perfetta chiarezza il pensiero dell’attuale Pontefice, che è quello della Chiesa e del «Catechismo». Da una parte, non vogliamo giudicare quanti pensano in modo diverso e non siamo contrari al riconoscimento dei loro legittimi diritti come persone, e dall’altra, abbiamo il diritto e il dovere come cattolici e come cittadini di giudicare gli atti e di giudicare le leggi, opponendoci fermamente a quelle che manifestano un «reale e grave regresso antropologico».
Il Papa c’insegna uno stile, che ancora una volta è quello richiamato dal «Catechismo»: «mansueto» nell’evitare toni urlati o volgari e nel non giudicare le persone in quanto tali, fermo nel difendere una verità in cui è in gioco l’essenziale della questione antropologica. È lo stile della nostra battaglia, e del nostro sì alla famiglia.
Quando, attraverso una decisione politica, vengono giuridicamente equiparate forme di vita in se stesse differenti – come la relazione tra l’uomo e la donna e quella tra due persone dello stesso sesso – si misconosce la specificità della famiglia e se ne preclude l’autentica valorizzazione nel contesto sociale, trattando in modo uguale realtà diverse.
I credenti – come ha richiamato il card. Angelo Bagnasco – hanno il dovere e il diritto di partecipare al bene comune con serenità di cuore e spirito costruttivo, come ha ribadito solennemente il Concilio Vaticano II: spetta ai laici «di iscrivere la legge divina nella vita della città terrena. Assumano la propria responsabilità alla luce della sapienza cristiana e facendo attenzione rispettosa alla dottrina del Magistero».
Invito tutti a pregare perché il Signore illumini chi deve prendere decisioni importanti per il futuro e il bene comune del nostro paese.