La Corte dei Conti indaga sul tram di Palermo
Nessun reato penale da contestare, ma tanti profili di danno economico da valutare. È la sintesi a cui giungono i pubblici ministeri in una delle due inchieste sull’appalto del Tram a Palermo. Se da un lato infatti gli stessi pm hanno chiesto l’archiviazione per l’unico indagato – Domenico Caminiti, ex direttore generale dell’Amat – dall’altro hanno girato gli atti alla Procura regionale delle Corte dei Conti perché sono convinti che il Tram, almeno nella parte da loro presa in esame, sia costato un milione di euro in più del dovuto. Insomma, sarebbe stato provocato un danno alle casse pubbliche. Bisogna, dunque, accertare se e perché il progetto, risalente agli anni Novanta e finanziato con 161 miliardi di vecchie lire, alla fine sia costato 230 milioni di euro. Agli occhi dei pm è venuto fuori un quadro di “potenziali irregolarità” che “sembrerebbe in linea di massima da ricondurre prevalentemente alla esigenza – da più parti esplicitamente dichiarata – di pervenire ad una celere conclusione dell’appalto e quindi ad una tempestiva realizzazione dell’interesse pubblico”. La fretta, dunque, sarebbe stata cattiva consigliera durante la realizzazione del tram.
L’ipotesi di reato contestata era l’abuso d’ufficio, ma le indagini affidate alla Guardia di finanza dovevano scovare anche eventuali tracce di corruzione. Le indagini hanno dato esito negativo. La partita giudiziaria, però non è chiusa.
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