Droga ed estorsioni, 7 arresti nel palermitano
I carabinieri del Comando provinciale di Palermo hanno arrestato tra Misilmeri e Belmonte Mezzagno sette persone accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, minacce aggravate dal metodo e dalle finalità mafiose, nonché spaccio di sostanze stupefacenti e spendita di banconote contraffatte.
In manette sono finiti Rosario La Barbera di 57 anni, Gaetano Pravatà di 43 anni, Alessandro Ginelli di 40 anni, Giosuè Cucca di 65 anni, Francesco Antonino Ciaramitaro di 48 anni, Pietro Formoso di 65 anni e Alessandro Ravesi di 38 anni.
L’ordinanza di custodia cautelare in carcere, nei loro confronti, è stata emessa dal gip del Tribunale di Palermo su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. Le indagini costituiscono la prosecuzione dell’inchiesta che nel marzo scorso portò all’operazione ‘Jafar’ e hanno consentito di raccogliere ulteriori prove in ordine agli assetti e alle attività criminali del mandamento mafioso di Misilmeri-Belmonte Mezzagno, ultimamente interessato da numerosi attentati intimidatori a commercianti.
Tetre le minacce perpetrate all’indirizzo di una nota macelleria, al cui ingresso, l’8 marzo scorso, il suo titolare trovava dei crisantemi oltre che le saracinesche imbrattate da chiare scritte di avvertimento mafioso.
Le investigazioni, affermano gli inquirenti, hanno documentato responsabilità in ordine ad alcune vicende estorsive, tra cui quella che ha visto il titolare di un noto esercizio commerciale di Bolognetta, intenzionato ad effettuare lavori di ampliamento dei locali, essere destinatario della richiesta di pagamento di 10.000 euro, qualora. per svolgere le opere. non fosse stato disponibile ad avvalersi di un’ impresa vicina a Cosa nostra”. raccontano gli inquirenti.
E l’attività estorsiva non risparmiava neanche le realtà economiche più modeste. E’ il caso di un pescivendolo ambulante costretto a sborsare, con non poche difficoltà, 500 euro dinanzi alla fatidica frase ”Abbiamo bisogno per i carcerati, mi devi dare 500 euro”.
Tra i resti contestati anche l’ipotesi di spendita di denaro contraffatto, approvvigionato negli ambienti malavitosi napoletani al costo di 4 euro per ogni banconota da 20 euro, nonché l’acquisto, a Palermo, di sostanza stupefacente da destinare allo spaccio nelle piazze di piccoli Comuni della provincia.