I beni sequestrati al pentito di San Giuseppe Jato Giovanni Brusca e ai suoi prestanome

Ci sono un immobile e un magazzino di Via Saraceni, a San Giuseppe Jato, dei locali a Piana degli Albanesi e un edificio in via Generale Emanuele Pezzi a Palermo tra i beni sequestrati, dai carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Monreale, al collaboratore di Giustizia Giovanni Brusca e a persone a lui riconducibili.

Il provvedimento scaturisce da una complessa e articolata attività di indagine iniziata nel 2009 e conclusasi nel 2011, diretta dalla Procura della Repubblica di Palermo che ha consentito di bloccare un piano di recupero, ideato e attuato dal collaboratore di giustizia, di alcuni immobili intestati a prestanome e di ingenti somme di denaro, sequestrate e poi restituite, la cui gestione era stata affidata a persone compiacenti, al fine di monetizzare un consistente capitale da reinvestire nella prospettiva della sua eventuale liberazione per fine pena.

A tal fine, Brusca, all’atto della sottoscrizione di intenti, prima della concessione dello status di collaboratore di giustizia, aveva omesso di dichiarare questi beni finiti, adesso, sotto sequestro.

Le proprietà di via Saraceni di San Giuseppe Jato erano intestate allo stesso capo del locale mandamento mafioso, catturato durante la sua latitanza il 20 maggio del 1996, e condannato per essere stato organizzatore ed esecutore materiale della strage di Capaci, nella quale persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti di scorta.

Brusca, le aveva acquisite, in successione ereditaria, tra il 1990 e il 1992.

In questo caso, il sequestro ha riguardato pure l’equivalente dei proventi di locazione dello stesso immobile, per un importo di oltre 16 mila euro, così come per la vendita di un’altra abitazione con sede in via Pecori Giraldi a Palermo, per 30 mila euro.
Quest’ultimo è un appartamento noto per essere stato il covo della latitanza di Leoluca Biagio Bagarella, detto “Luchino”, storicamente ritenuto causa dell’assassinio del capo della Squadra Mobile di Palermo Boris Giuliano.

I locali di Via Matteotti, a Piana degli Albanesi, invece, erano intestati a Rosaria Cristiano, moglie di Giovanni Brusca. La struttura attualmente ospita l’attività commerciale della società MOREA Srl, titolare dei marchi Sisa e Upim, dei coniugi Rosa Schirò Rosa e Gioacchino Cristiano, cognati di Giovanni Brusca.

Infine, l’immobile ubicato a Palermo, con accesso alla via Generale Emanuele Pezzi, attualmente è affittato ad una chiesa evangelica apostolica. E proprio il termine “chiesa” sarebbe stato trovato negli appunti del pentito durante la perquisizione nella sua cella nel 2010, quando ricevette un’accusa di riciclaggio, di intestazione fittizia di beni e di tentata estorsione.

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