Cinisi. Caso Helg, “botta e risposta” tra sindaco e pasticcere

Botta e risposta tra il sindaco di Cinisi Gian Giacomo Palazzolo e il pasticcere Santi Palazzolo, noto alle cronache per aver fatto arrestare il vicepresidente di Gesap Roberto Helg che gli aveva chiesto una tangente da 100,000 euro per rinnovare l’affitto dello spazio commerciale all’interno dell’Aeroporto.

L’imprenditore contesta al primo cittadino, la sua assenza e la mancanza di vicinanza nella vicenda che ha portato alla denuncia di Helg e alcune dichiarazioni rilasciate dal sindaco nel giornale “Cinisi online”.

“Lei è la persona istituzionalmente incaricata di rappresentare tutti i suoi concittadini. E fra questi ci sono anche io” scrive il pasticcere in una lettera aperta. “Le ricordo che Lei, assumendo l’incarico di Sindaco, si è posto al servizio di tutti i cittadini e non solo della parte che l’ha votata. forse ha dimenticato che il Comune di Cinisi è socio e quindi azionista della società di gestione dell’aeroporto di Palermo e che quindi Lei è chiamato direttamente in causa nella mia vicenda. Come mai nella sua unica esternazione chiede in modo quasi mortificato le dimissioni del solo presidente della Gesap e non anche dell’amministratore delegato della stessa società. Certo. Non può chiedere le dimissioni di un “amico” che le è stato vicino durante la campagna elettorale. Ad oggi – scrive Palazzolo – più di 36.000 persone, la maggior parte delle quali non conosco, in Italia e all’estero, hanno trovato il tempo di esprimermi solidarietà firmando la petizione online. Per colpa del malaffare di certi individui, mi vedo costretto a “buttare in mezzo alla strada” 42 padri di famiglia. La mancata proroga può seriamente danneggiare irrimediabilmente la più antica e, mi permetta, prestigiosa azienda di cui il paese di Cinisi può andare fiero, ma a Lei queste cose interessano poco perché ha battaglie molto più importanti da portare avanti.”

Non si è fatta attendere la replica del sindaco. “Non Le nego che Le rispondo con non poco imbarazzo, non ultimo per il fatto che le circostanze mi impongono di darLe il “Lei” quando è mia abitudine dare del “tu”con tutti (figuriamoci con i parenti) ma i fatti da Lei evidenziati e, perchè no,contestati alla mia persona, e al ruolo che ricopro, mi impongono di assumere toni e ruoli adeguati. Le ho manifestato e Le riconosco grande, ed inusuale, coraggio nella nota vicenda che ha condotto, grazie a Lei, all’arresto in flagranza del sig. Helg. La denuncia del malaffare è e deve rimanere un atto di estremo coraggio, un sacrificio meditato e voluto (anche a discapito dei propri interessi e dei propri affetti) e mai una merce di scambio. Non trasformi l’occasione in uno sterile e banale conflitto politico. Non mi appartiene la logica di amministrare una comunità distinguendo fra “chi è con me” e “chi è contro di me”. Non Le consento di contestarmi in pubblico fatti non veri o silenziosi comportamenti in ordine ai risvolti privatistici della Sua vicenda: non ho esitato a manifestarLe, anche attraverso mezzi televisivi, la stima ed il riconoscimento per il comportamento da Lei tenuto, ma proprio per il ruolo che ricopro (ossia a capo di interessi comuni o ancor meglio di una collettività di cui Lei fa parte insieme a molti, e meno fortunati, pasticcieri) mi è precluso, e ne sono profondamente convinto, assumere una posizione istituzionale a fronte di un interesse squisitamente privato. Mi sarebbe stato facile e politicamente “utile” abbracciare la Sua protesta, ma non mi interessa l’antimafia affaristica, probabilmente non sarò mai sottossegretario al governo, mi piace, piuttosto, essere e rimanere un silenzioso cultore del diritto e soprattutto un convinto sostenitore che una società civile e democratica, può funzionare solo se ci sono regole certe e condizioni uguali per tutti. Non accetto da Lei lezioni di “lealtà, trasparenza e onestà”: Le assicuro che di dolci non ne so parlare, ma in quanto a lealtà, trasparenza e onestà ne vado decisamente fiero. Differentemente da quanto da Lei erroneamente e falsamente sostentuto nella missiva, ho chiesto in tv le dimissioni dell’intero Consiglio di Amministrazione, anche dell’Amministratore Delegato (di cui mi pregio essere amico). La natura privatistica del diritto che Lei, giustamente, rivendica (ovvero l’affidamento diretto dei locali) esula dalle mie prerogative di amministratore pubblico. L’ultima cosa mi preme ricordarLe, anche perchè mi offende e scuote profondamente, mi riferisco al paventato licenziamento di “42 padri di famiglia” che ne conseguirebbe dalla mancata proroga: caro amico, e questa volta ti do del “tu”, ti invito a non usare “i padri di famiglia” per risolvere la questione, non fa onore a te ed alla prestigiosa azienda che rappresenti. Sono certo che la questione si risolverà senza pregiudizio per i lavoratori salvaguardando i livelli occupazionali nelle gare d’appalto (e qui ti garantisco che il tuo Sindaco ci sarà!).”

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