Mattarella raccontato dall’ex sindaco di Carini Nino Mannino: “una persona perbene”
“Sergio Mattarella? Una persona per bene. Ci siamo conosciuti in Parlamento. Era il 1983. Io deputato del Pci, lui della Dc. E’ un uomo pacato, dal tratto gentile. Parlavamo spesso. Della Sicilia e della mafia”. Nino Mannino, storico dirigente del Pci siciliano ricorda così il nuovo Presidente della Repubblica. Gli anni ’80 e gli anni ’90 del secolo passato. Palermo, la sua amministrazione comunale. Leoluca Orlando e la giunta della Primavera.
“Intanto va detto che Sergio Mattarella e Leoluca Orlando sono due personaggi diversi – dice Mannino – Mattarella è un uomo con la schiena dritta. Una persona pacata, ma ferma. Ha fatto bene il ministro. Ha abolito la leva. Su Orlando ho un’altra idea. Negli anni ’80 ha rappresentato una grande speranza di cambiamento della politica e di Palermo. Ma i risultati ottenuti non sono stati all’altezza delle speranze che aveva suscitato. C’è stata, da parte sua, molta enfasi. Ma, alla fine, la sua lotta per la legalità era molto formale. Io, da sindaco di Carini, qualche abitazione abusiva l’ho fatto abbattere. Della Palermo di quegli anni, invece, ricordo Pizzo Sella. E non è un bel ricordo”. Chiaro il riferimento alla speculazione edilizia sul una collina che sovrasta Mondello che è rimasta al proprio posto.
Si riferisce agli anni della Primavera di Palermo?
“Certamente. Tutti un po’ ci siamo illusi. Perché, alla fine, Orlando è rimasto un sindaco democristiano. Per carità, certi passaggi sono stati positivi e importanti. Ma si poteva fare di più”.
Negli anni ’80, quando la Dc del capoluogo dell’Isola faceva capo a Sergio Mattarella – con Orlando Sindaco – il gruppo del conte Arturo Cassina veniva estromesso dagli appalti della città.
“E questa forse è stata una delle poche cose buone realizzate in quegli anni. Ricordo che il costo di questi lavori si aggirava intorno a sette miliardi e mezzo di lire all’anno. Che, non si capisce come, lievitavano sempre a venti-ventidue miliardi di vecchie lire. Le strade costavano di più delle fogne. In questo caso la giunta Orlando ha fatto bene”.
In queste ore, con l’elezione di Sergio Mattarella, il sindaco di Palermo si vanta un po’ di aver fatto parte della leva dei giovani Dc che ha formato anche il nuovo capo dello Stato.
“Leoluca Orlando ha sempre giocato a considerarsi la parte avanzata di un progetto politico. Quasi un reparto di assalto. Utilizzando a piene mani il cosiddetto trasversalismo. Anche io, per certi versi, consideravo giusta la politica trasversale. Ma nella chiarezza degli obiettivi. Non certo per operazioni gattopardesche. O assumere posizioni settarie e discriminatorie. Sotto questo profilo, Sergio Mattarella non ha mai seguito Orlando. E’ sempre stato lineare, asciutto. Mai sopra il rigo. E, soprattutto, concreto”.
Solo su un argomento il nuovo capo dello Stato perdeva il suo proverbiale aplomb: quando qualcuno contestava i presunti contatti del padre Bernardo con Cosa Nostra. I Mattarella hanno sempre vinto tutte le querele sull’argomento: sin dalla prima contro Danilo Dolci. Chi era Bernardo Mattarella?
“Intanto era un uomo di un’altra epoca. Era un parlamentare della vecchia Dc. Un uomo di potere. Aveva un vasto seguito. Insomma, una clientela piuttosto estesa”.
E i presunti rapporti con Joseph Bonanno, detto Joe Bananas, uno dei capi delle cinque famiglie di Cosa nostra di New York. Entrambi erano di Castellammare del Golfo ed erano compagni di giochi da bambini: lo sapeva?
“Certo che lo so . E conosco anche la storia di Mattarella che va prendere Bonanno in aeroporto. Una storia che fa parte del mito”.
In che senso?
“Non è mai successo nulla del genere”.
E sulla strage di Portella delle Ginestre? Fu accusato da Gaspare Pisciotta.
“Non ci sono elementi che provano il coinvolgimento di Bernardo Mattarella. Anzi, ciò che è stato appurato va in tutt’altra direzione: mafia e servizi segreti americani”.
Nei libri di Giuseppe Casarrubea, però, la ricostruzione è un po’ diversa. Li conosce?
“Certo siamo amici. Anche se io, su certi fatti, propendo per le tesi del professore Salvatore Lupo. Non credo nella mafia protagonista dello sbarco degli americani in Sicilia nel 1943. Lucky Luciano è stato utilizzato dagli americani per tutelare i porti. Credo che la mafia riprenda forza in Sicilia con l’amministrazione militare americana. Quando cominciano a discriminare i comunisti e a piazzare nei posti che contavano i vecchi notabili compromessi e gli stessi mafiosi”.
Poi, però, i mafiosi transitarono nella Dc. In quella Dc nella quale c’era anche Bernardo Mattarella.
“Questo lo so. Ma proprio sul passaggio dei mafiosi nella Dc non penso che Bernardo Mattarella abbia avuto più responsabilità di altri democristiani. Penso, invece, che questo periodo non esaltante della Democrazia cristiana si identifichi di più nelle figure di Salvatore Aldisio e Calogero Volpe. Penso che tanti dei guai di Bernardo Mattarella sono riconducibili a certi personaggi del suo paese. O meglio, alla guerra dei castellammaresi” (una guerra interna a Cosa nostra americana esplosa nei primi anni ’30 del secolo passato che coinvolgeva alcuni boss originari di Castellammare del Golfo ndr).
Che ne pensa dell’uccisione di Piersanti Mattarella. Le ombre, e forse più di semplici ombre, non hanno risparmiato Vito Ciancimino. Che pure non era estraneo a Bernardo Mattarella. Non è un po’ strana questa storia?
“A me non sembra affatto strana. Ciancimino ha condizionato in modo pesante la vita politica di Palermo e gli stessi equilibri politici della Dc. Non si fermava davanti a nulla. Era un grande corruttore. Ricordo che nei primi anni ’60 un consigliere comunale del Pci venne espulso perché si era allontanato dall’aula poco prima di una votazione sui Cassina. Guarda caso, negli anni successivi è stato amministratore di una municipalizzata. Chi è che poteva garantire per oltre un decennio un posto così lucroso? Ricordo un aneddoto gustoso su Ciancimino”.
Cioè?
“Ciancimino era un uomo potente, ma anche pieno di paure. Un giorno, alla fine di una seduta di consiglio comunale, io e Totò Guadagna, un compagno socialista, superiamo l’automobile di Ciancimino. Nel momento del sorpasso, Totò apre il finestrino. Ricordo ancora, e non lo dimenticherò mai, il volto di Ciancimino che, nel vedere il finestrino che si abbassa, diventa terreo, soprattutto quando Totò con le dita della mano, finge di sparargli: bum bum. La faccia terrorizzata di Ciancimino non la dimenticherò mai”
(intervista tratta da l0raquotidiano.it)