Mafia. Ventisette arresti, c’è pure un politico “estorsore”. LE INTERCETTAZIONI
Esattore del pizzo per conto del boss, c’è pure il consigliere comunale di Palazzo delle Aquile, Giuseppe Faraone, tra i 27 arrestati dell’operazione “Apocalisse 2”.
Faraone, 69 anni, è stato deputato regionale e poi assessore provinciale, negli ultimi vent’anni è passato dall’Udc alla lista del governatore Crocetta, il Megafono, risultando nel 2012 il primo dei non eletti al parlamento siciliano. Ma prima di transitare nel Megafono, è stato eletto al consiglio comunale nella lista “Amo Palermo”, a denunciarlo è stato un imprenditore: “Ho ricevuto una richiesta estorsiva, che mi è stata rivolta da una persona che conosco da molti anni, in quanto si tratta di un politico che attualmente ricopre delle cariche all’interno dell’amministrazione comunale” –avrebbe raccontato agli investigatori-
Le indagini dell’operazione antimafia portata a termine da Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza, hanno fatto emergere il ruolo del consigliere Faraone che per nome e per conto del boss di San Lorenzo, Francesco D’Alessandro, avrebbe chiesto il pizzo al titolare di una società di impiantistica elettrica e fornitura di segnaletica stradale. Il politico è finito in carcere per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. In cella altre 26 persone accusate a vario titolo di associazione mafiosa, estorsioni e rapine.
Il blitz “Apocalisse 2” segue l’operazione di giugno scorso. Fondamentali le dichiarazioni di numerose vittime che, superando “il muro dell’omertà”, hanno ammesso di essere state costrette a pagare “il pizzo”. A finire nel mirino degli estorsori: una nota concessionaria di Palermo, la ditta che si occupa della pulizia dello stadio “Renzo Barbera”, l’impresa che stava ristrutturando un palazzo per conto della Curia tra via Maqueda e discesa dei Giovenchi. I boss del mandamento di Resuttana e San Lorenzo oltre al pagamento della “mesata”, imponevano pure assunzioni.
Ad esempio al titolare di una società che opera nel settore delle pulizie, facchinaggio e giardinaggio in enti pubblici e privati, la mafia ha chiesto di assumere ben nove persone, tra amici e familiari di affiliati all’organizzazione criminale oltre al versamento di 1.500 euro.
Altri imprenditori venivano costretti con le minacce a pagare 1000 euro. Trenta mila euro invece la somma imposta ad un costruttore, un grosso appalto che avrebbe fruttato 15 mila euro nelle casse dei boss di Palermo e l’altra metà in quelle di Bagheria.
Sono tredici le estorsioni ricostrutite grazie a collaboratori di giustizia ed imprenditori che hanno collaborato con le forze dell’ordine.
Tra questi c’è anche chi ha incastrato il consigliere Giuseppe Faraone. Il sindaco di Palermo Leoluca Orlando ha già annunciato la costituzione di parte civile nel processo.