La morte di Aldo, prima notte dietro le sbarre per il reo confesso
Firmato il provvedimento di fermo per il diciassettenne indagato per l’omicidio di Aldo Naro, il medico di 25 anni pestato a morte nella discoteca Goa di Palermo.
Il ragazzo, incensurato, vive nel quartiere dello Zen dove si sono concentrate le indagini dei carabinieri. Braccato da qualche giorno, ieri si è costitutito al carcere minorile Malaspina. Intorno alle 17.00 si è presentato accompagnato dai genitori (il padre è pregiudicato per stupefacenti) e da un avvocato.
Inizialmente avrebbe solo ammesso di avere partecipato alla lite scoppiata nel privè del locale per un cappello da cowboy (era in corso una festa di carnevale) rubato ad un amico del giovane medico, intervenuto per mettere la pace.
Il diciassettenne sosteneva di avere colpito Aldo Naro solo con un pugno, ma dopo circa otto ore di interrogatorio è crollato ed ha confessato: “si sono stato io, ho sferrato quel calcio”.
Ad interrogare il ragazzo, il capo della Procura per i minorenni, Amalia Settineri e i pm Carlo Marzella e Caterina Bartolozzi.
Fermato con l’accusa di omicidio doloso, i carabinieri erano arrivati a lui grazie ad alcune testimonianze e alle immagini delle telecamere di video sorveglianza del Goa ed erano andati a cercarlo nella sua abitazione dello Zen, senza trovarlo.
Agli inquirenti avrebbe detto: “non ero andato li per impelagarmi in una situazione del genere”. Non mi sono presentato in caserma perché ho avuto paura quando ho saputo che quel ragazzo era figlio di un carabiniere”.
Il diciassettenne venerdì sera è arrivato nel locale insieme ad altri quattro giovani dello stesso quartire, non erano in lista, si sarebbero imbucati alla festa. Del gruppo farebbe parte pure il figlio di un boss del rione, detenuto da tempo. Nonostante la confessione del diciassettenne, l’indagine sulla terribile morte di Aldo non è chiusa. Molti i punti da chiarire e possibili complicità da verificare.
Il ragazzo si è costitutito nel giorno dei funerali di Aldo Naro che si sono celebrati a San Cataldo, nel nisseno.
Il reoconfesso sul finire dell’interrogatorio avrebbe dichiarato “chiedo scusa alla famiglia, vorrei il loro perdono”.