Sequestro di beni ad imprenditori a servizio del boss Matteo Messina Denaro, tra cui un carinese
Un’altro duro colpo è stato inferto al patrimonio della famiglia mafiosa del latitante Matteo Messina Denaro. Le Sezioni Misure di Prevenzione dei Tribunali di Palermo e di Trapani hanno disposto il sequestro di oltre 20 milioni di beni tra imprese, società e ditte individuali, terreni e fabbricati, autoveicoli, beni mobili strumentali e disponibilità finanziarie ad imprenditori considerati a servizio del superlatitante; coloro i quali avrebbero garantito ricchezza e protezione al boss di Castelvetrano. Si tratta di Mario Messina Denaro (cugino del capomafia per conto del quale si sarebbe occupato di estorsioni), Giovanni Filardo (pure lui cugino del latitantee impegnato nel settore dell’edilizia, Francesco Spezia (ritenuto intestatario fittizio della Spe.Fra Cistruzioni srl), Vincenzo Torino e Aldo Tonino Di Stefano (considerati prestanome dell’impresa olivicola “Fontane d’oro” di Campobello di Mazara), Antonino Lo Sciuto, Nicolò Polizzi e Girolamo Cangialosi; quest’ultimo 56 enne di Carini. Tutti sono finiti in manette nel dicembre dello scorso anno. Il Provvedimento arriva al termine del lavoro investigativo condotto dal Gico del nucleo di Polizia tributaria della Guardia di finanza di Palermo, dal Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata delle Fiamme Gialle di Roma, dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Trapani, sotto la direzione della Procura distrettuale Antimafia di Palermo.
Dalle indagini è emersa la capacità di Cosa nostra di infiltrarsi nel tessuto economico attraverso società, imprese agricole e attività commerciali, dislocate in diverse province della Sicilia e del Sud Italia. La ricostruzione degli interessi economici di Antonino Lo Sciuto, Nicolò Polizzi e Girolamo Cangialosi si intreccia con alcuni grandi appalti e i rapporti con la mafia palermitana, al tempo guidata dai boss di San Lorenzo, Salvatore e Sandro Lo Piccolo che cercavano il dialogo con il padrino trapanese. Antonino Lo Sciuto era molto vicino alla famiglia Messina Denaro tanto da chiedere e ottenere, per la divisione del denaro, l’intervento di Francesco Guttadauro – “nipote di Matteo Messina Denaro” – figlio di Filippo e Rosalia Messina Denaro, sorella del latitante. Mentre Nicolò Polizzi, ritenuto uomo d’onore della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, sarebbe stato il punto di riferimento per la preparazione degli incontri fra i mafiosi palermitano e Franco Luppino, quest’ultimo avrebbe ricoperto il ruolo di ambasciatore di Messina Denaro quando si discuteva di ricostituire la Commissione provinciale di Cosa nostra. Luppino si trovava sull’auto che stava raggiungendo il covo di Giardinello dove i Lo Piccolo organizzavano gli incontri e dove vennero arrestati. Alla preparazione logistica del summit avrebbe contribuito anche il carinese Girolamo Cangialosi, a cui oggi sono stati sottratti 10 terreni, un immobile ad uso abitativo e varie disponibilità finanziarie dal valore totale di oltre 777 mila euro. Nel complesso, tra i beni sottoposti oggi a sequestro si annoverano 3 società, 7 quote aziendali e 4 ditte individuali, 12 autovetture, 4 veicoli industriali, 1 motociclo, 13 autocarri, 3 semirimorchi, 1 fabbricato industriale, 1 immobile a destinazione commerciale, 8 immobili ad uso abitativo, 29 terreni, 4 fabbricati rurali, polizze assicurative, titoli azionari, rapporti bancari, depositi a risparmio, per un valore complessivo di oltre 20 milioni di euro.