Donna uccisa e bruciata, altri due arresti
Fatta luce sull’omicidio di Concetta Conigliaro, la donna uccisa e bruciata nelle campagne di San Giuseppe Jato, i cui resti vennero parzialmente ritrovati lo scorso mese di giugno. Per il grave episodio di cronaca era già stato arrestato il marito della vittima, Salvatore Maniscalco. Adesso in manette sono finiti anche Antonino Caltagirone di 32 anni e, il padre Vincenzo di 72. Entrambi, secondo i carabinieri della compagnia di Monreale, sono gli autori del delitto. Gli investigatori, sono risaliti ad Antonino e Vincenzo Caltagirone grazie alle analisi dei tabulati telefonici. I contatti, subito dopo il delitto, sarebbero risultati sempre più fitti tra il marito della donna e i due. L’analisi delle celle agganciate dai telefoni dei Caltagirone, inoltre, ha evidenziato, nei giorni immediatamente successivi alla sua scomparsa, diversi passaggi nell’area dove poi sono stati trovati i resti. Nel corso delle perquisizioni, i militari, avevano trovato a casa dei due Caltagirone, delle taniche uguali a quella trovate in contrada Giambascio, dove sono stati rinvenuti i resti carbonizzati della vittima. Anche il fusto metallico sarebbe stato recuperato dai due uomini finiti in manette. Inoltre, tra i resti ossei della donna, sono state trovate anche delle immaginette sacre, simili a figure analoghe ritrovate anche nella casa dei due assassini. Per i militari, infatti, è impossibili che ve le abbia riposto il marito, poiché Salvatore Maniscalco, è di fede evangelica. Ricordiamo che Salvatore Maniscalco, arrestato lo scorso 8 giugno, aveva falsamente denunciato, alle forze dell’ordine, il 23 aprile, l’allontanamento volontario della moglie. Dopo approfondite indagini finalizzate a ricostruire tutte le tracce della presenza di Concetta Conigliaro, nei giorni antecedenti alla sua sparizione, gli investigatori di Monreale focalizzarono la loro attenzione sul marito, tradito peraltro da un particolare dettaglio emerso dalle indagini: i tabulati sviluppati sulla scheda sim della donna ne avevano infatti dimostrato l’associazione con il telefono dell’uomo il 13 aprile e dunque, quattro giorni dopo dalla data del 9 aprile, che più circostanze indicavano come ultimo giorno di accertata presenza della vittima. Dopo un estenuante interrogatorio dei militari, il marito della donna, crollò e porto i carabinieri sul luogo dove poi furono rinvenuti i parziali resti umani della donna, completamente carbonizzati, che lo stesso aveva poi indicato come quelli di sua moglie. Da quel momento in poi, prima di fronte al P.M. e poi di fronte al G.I.P., Maniscalco aveva alternato profondi silenzi a sproloqui consistiti in dichiarazioni inverosimili o contraddittorie, motivo per cui, convalidato il fermo, è rimasto all’Ucciardone. Sin dalle prime battute gli investigatori si erano persuasi che il Maniscalco potesse aver contato sulla collaborazione di qualcuno: era impossibile che avesse depezzato, trasportato e carbonizzato il cadavere della povera moglie, senza ricevere l’aiuto di nessuno. I suoi stretti legami con i Caltagirone, rispettivamente zio e cugino, insieme ai quali lavorava quale manovale per la raccolta e lo smaltimento di rifiuti ferrosi, avevano indirizzato i sospetti. Le successive indagini hanno portato all’arresto dei due uomini. Un importante particolare è emerso in relazione ad uno sgombero di rifiuti ferrosi da casa Maniscalco nelle giornate immediatamente successive a quelle della sparizione della donna: tra quei rifiuti, che i Caltagirone avevano raccolto con un loro camion, ci sarebbe stato un fusto metallico in tutto simile a quello fatto rinvenire dal dal marito della vittima con i suoi resti carbonizzati. Il riscontro con la ditta che generalmente riceveva i carichi di rifiuti metallici da parte dei Caltagirone ha dimostrato che, nonostante in quel periodo i due avessero effettuato numerose consegne, nelle diverse ricevute non figurava alcun fusto metallico. Durante le indagini, i due uomini sono stati intercettati mentre si trovavano a bordo di una fiat 600. Padre e figlio commentavano i timori relativi alle possibili imputazioni derivanti dal loro coinvolgimento nella triste vicenda. Per Antonino Caltagirone si sono aperte le porte dell’Ucciardone, mentre il padre settantaduenne è agli arresti domiciliari. Le indagini proseguono per chiarire ulteriori dettagli sul delitto e responsabilità individuali.