Operazione Destino, dai colloqui in carcere emergono nuovi particolari

di redazione

Emergono nuovi particolari dal fascicolo sull’inchiesta giudiziaria denominata Destino che nei giorni scorsi ha portato all’arresto del presunto capomafia di Carini Angelo Antonino Pipitone di 71 anni ed altre 5 persone, tra cui la moglie, Franca Pellerito di 65 anni, attualmente ai domiciliari, la figlia Epifania di 34 anni e il genero Benedetto Pipitone di 40 anni. In carcere pure il nipote del boss Francesco Marco Pipitone di 33 anni e una sua fedelissima, Angela Conigliaro di 44 anni. Nel corso di un colloquio in carcere, registrato il 4 marzo del 2012, Epifani Pipitone informava il padre della perdita del canone d’affitto di un capannone rimasto sfitto. Tra gli immobili che risultano nella disponibilità della famiglia mafiosa, infatti, ci sarebbe un edificio di 2.600 metri quadri che insiste sulla statale 113 e che per 12 anni ha ospitato l’esposizione e gli uffici della Helg srl. Per lo stabilimento che si trova in un lotto di terreno di 6.800 metri quadri, l’imprenditore, nonché presidente della camera di commercio di Palermo Roberto Helg che, non è assolutamente coinvolto nell’inchiesta, stipulò a suo tempo un contratto di affitto con la figlia del boss Angelo Antonino Pipitone, Epifania, per un ammontare di 114 mila euro più iva, aggiornato annualmente. Ma nel 2012, l’impresa dichiarò il fallimento della società e da quel momento, la famiglia Pipitone cominciò a lamentarsi per la perdita del canone di affitto del capannone. Nel colloquio registrato un anno dopo la chiusura, Epifania Pipitone lamentandosi con il padre, gli diceva: “Ma perché, pure con il discorso di Helg cosa hanno concluso? Il posto è chiuso con tutta la merce ancora dentro, l’insegna è tolta, i mesi passano e ancora non è andato nessuno. Con questo fallimento ci siamo andati fregati noi perché il locale rimarrà chiuso per tanto tempo. Sono diversi i colloqui in carcere tra padre e figlia che sono stati registrati dagli investigatori. Un altro di questi comproverebbe la responsabilità della famiglia mafiosa sulla stalla incendiata il primo gennaio del 2013 in cui i carabinieri trovarono anche un maiale e due cavalli uccisi a colpi di pistola. Episodio che Epifania Pipitone avrebbe riferito al padre il 18 febbraio di quest’anno, raccontandogli, o meglio facendogli intuire che, il proprietario intimidito, ai carabinieri avrebbe fatto il loro nome e che per il momento sarebbe stato meglio andarci cauti. Sull’argomento sarebbero tornati circa un mese dopo, esattamente il 4 marzo, quando il boss Angelo Antonino Pipitone invitava la famiglia a tornare sul posto, poiché essendo padroni del sito in questione al 50%, era giusto farsi vedere.

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