Alcamo. Pietro Borgani, “pentito di essere un ladro”
Rubava per mangiare e si rendeva conto che ciò che faceva era disonesto, avrebbe voluto smettere però la sua condizione di disoccupato non gliel’ha permesso. Nessun tipo di crimine è mai giustificabile, ma davanti un uomo che ruba perché ha fame? un uomo che muore per soddisfare i più elementari bisogni. Era un ladro Pietro Borgani, un ladro che si rendeva conto della disonestà dei suoi gesti. Arrestato diverse volte nel 2012 ad Alcamo per furto in abitazione, due giorni fa è stato trovato in una pozza di sangue in via Soldato Toti in pieno centro storico. Si è ipotizzato dal principio che il 58enne fosse caduto dal secondo o terzo piano di una palazzina mentre tentava di introfolarsi dentro un appartamento. La sua identità non è stata svelata subito, aveva il volto sfigurato e all’Ospedale di Partinico è arrivato in gravissime condizioni, tanto che i medici non sono riusciti a salvarlo. La polizia è risalita al nome e al cognome dell’uomo grazie alle impronte digitali. Era schedato, era un ladro, un ladro che due anni fa aveva scritto alla redazione di “alqamah.it” dopo che aveva letto una notizia che lo riguardava. La testata on line ripropone la lettera ricevuta da Pietro Borgani. Ve ne leggiamo uno stralcio: “Sono Borgani Pietro e, per mio disagio e sfortuna sono stato scritto e stampato nel vostro inserto del 01/03/2012 e, leggendo l’articolo anch’io disapprovo d’aver infranto le regole del quieto vivere; giá anni addietro avevo supplicato, pregato e implorato il sindaco e la giunta di questa ridente cittá di Alcamo per avere, almeno dopo lunga cronica disoccupazione, un lavoro, per soddisfare i più elementari bisogni, di più per la mia Musa e i suoi due amorini”. Borgani raccontava di avere lavorato un mese con una retribuizione di 250 euro, poi era tornato ad essere un disoccupato e “a passar –scriveva- notti piene di incubi e di fantasmi, putroppo la vostra società, non aiuta chi sta male, dedita questa, all’accaparramento e all’egoismo”. Pietro Borgani aveva pure affisso un cartello sul portone del Municipio con su scritto “richiesta d’aiuto e di lavoro”. “Come al solito –concludeva la lettera- vince su questa terra chi ha gloria, potere e conquibus, perdonatemi l’ardire ma le ingiustizie traboccano a josa”. Adesso il ladro è morto, disperazione e necessità avranno preso il sopravvento sul suo pentimento.