Mafia, per il monrealese Francesco Sorrentino ridotta la pena in appello
Pena ridotta in appello per Francesco Sorrentino, monrealese, 50 anni, condannato in primo grado a sei anni ed otto mesi per estorsione. Nel giudizio di secondo grado la pena per aver tentato, ma non consumato il reato, è di quattro anni e cinque mesi. A pubblicarlo è Monreale News. Lo sconto concesso dal giudice di appello rispetto alla sentenza di primo grado pronunciata nel giugno dell’anno scorso, è da leggersi, così come sostenuto dalla difesa di Sorrentino, proprio perchè l’estorsione sarebbe stata “solo” tentata ai danni dell’imprenditore edile Calogero Pisciotta, che si era costituito parte civile nel giudizio e che ha ottenuto una provvisionale come risarcimento. Sorrentino l’8 aprile dello scorso anno era stato raggiunto da un provvedimento di custodia cautelare in carcere nell’ambito dell’operazione “Nuovo Mandamento”. Ma il 15 maggio del 2010, era stato già condannato per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso nell’ambito dell’operazione “Perseo”. La vicenda attuale, invece, si fonda sugli sviluppi di un’inchiesta finalizzata ad individuare i responsabili di alcuni atti intimidatori subiti da una impresa edile impegnata nella realizzazione dei lavori di ristrutturazione del Circolo del Tennis di Palermo. In particolare nell’ottobre del 2011, il gestore dell’impresa edile impegnata in quei lavori dichiarava di non aver ricevuto, nè lui, nè i suoi . I fatti che hanno portato alla condanna di a Sorrentino risalgono al biennio 2007-08, quando, dicono gli investigatori, in nome e per conto di “Cosa Nostra” e, nello specifico della famiglia mafiosa di “Monreale”, avvicinò l’impresa Pisciotta alla quale era stata commissionata l’edificazione di una decina di villette proprio nel comune dell’hinterland palermitano. Dinanzi al costruttore Sorrentino si lamentò del fatto che non soltanto i lavori di edificazione civile fossero stati commissionati a ditta non monrealese, ma che nessuna maestranza del luogo fosse assunta. Un messaggio che avrebbe seguito il danneggiamento dell’escavatore di una ditta sub appaltatrice dei lavori e la richiesta all’imprenditore di 10.000 euro quale regalo per i picciotti. Del legame tra l’imprenditore estorto e “Cosa Nostra” tratta anche il contenuto di un pizzino ritrovato a Giardinello nel covo dei Lo Piccolo ed attribuito al boss Andrea Adamo. La richiesta estorsiva fu parzialmente accolta dall’imprenditore che, in prima istanza affidò parte dei lavori ad una ditta monrealese e, qualche mese dopo, avrebbe versato poche migliaia di euro a Sorrentino. L’imprenditore che ha raccontato delle richieste estorsive ai poliziotti aveva riconosciuto la foto di Sorrentino, mostratagli dagli agenti, quale quella del suo estorsore.