Operazioen Caronte. Nuove accuse per Larysa Moskalenko

Larysa Moskalenko, l’ucraina arrestata a ottobre scorso, nell’ambito dell’operazione Caronte, con l’accusa di far parte di un’organizzazione criminale che rapiva minori contesi per restituirli ai genitori affidatari ai quali erano stati sottratti, avrebbe chiesto le armi (due Glock, una Taser e una 9 millimetri) a Juan Ramon Fernandez, il narcos italocanadese, ucciso assieme al complice Fernando Pimentel a colpi di pistola, bruciato e sepolto tra i rifiuti sotto una spessa lastra di eternit nei pressi di Casteldaccia. I due erano stati ritrovati a maggio 2013, mentre l’incontro tra Moskalenko e Fernandez è avvenuto il 30 ottobre 2012. Il collegamento è stato scoperto dagli inquirenti che indagano sulla tratta. Larysa Moskalenko, nell’interrogatorio con il pm Geri Ferrara, ha prima negato e poi ammesso di avere avuto contatti con Fernandez tramite il suo compagno che doveva incontrare l’italocanadese per l’affitto di un locale. In un sms l’ucraina chiede al narcos il prezzo delle armi. A Fernandez, la donna avrebbe poi detto della spedizione in Tunisia per il “recupero” dei minori. “Non ho coinvolto Fernandez, gliel’ho detto perché sono stupida”, ha risposto Moskalenko incalzata dal pm.L’operazione Caronte, dei carabinieri della compagnia di Carini, ha smantellato un’organizzazione criminale che si occupava di recuperare figli contesi da genitori separati. Le indagini sono partite il 28 maggio 2012 quando fu incendiato l’hotel Porto Rais a Villagrazia di Carini, di proprietà del compagno dell’atleta Moskalenko. Dalle conversazioni intercettate, i carabinieri hanno scoperto che la donna, secondo l’accusa, avrebbe fornito “un contributo concreto – mettendo a disposizione le proprie imbarcazioni, gli skipper di fiducia ed altri strumenti logistici – per l’organizzazione e la concreta esecuzione del rapimento e del trasporto clandestino di minori dal Nord Africa verso Paesi europei. Nel blitz sono finite in manette sette persone.

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