Processo D’Alì, il senatore del Pdl esulta per la sua assoluzione

”L’assoluzione conferma l’assoluta correttezza della mia attività politica – dice – sono una persona per bene. C’è voluto un giudice per deciderlo ma sono sereno cosi”. È stata questa la reazione a caldo del Senatore del Pdl Antonio D’Alì, di fronte alla sentenza di assoluzione dall’accusa di concorso in associazione mafiosa. Un verdetto dall’impostazione giuridica già utilizzata in altri casi che lo ha assolto per i fatti dopo il 1994, archiviando quelli antecedenti perché già in prescrizione. Secondo la pubblica accusa, il senatore, che è stato anche sottosegretario all’Interno, avrebbe cercato di far trasferire il prefetto di Trapani, Fulvio Sodano, che aveva sventato un tentativo della mafia di riappropriarsi occultamente della “Calcestruzzi ericina”, sequestrata al boss Francesco Virga. D’Alì si sarebbe adoperato perché un immobile di San Vito Lo Capo, di proprietà di un imprenditore ritenuto vicino a Cosa nostra venisse affittato come caserma dei carabinieri. Gli stessi Pm in precedenza avevano chiesto per due volte l’archiviazione del procedimento. I difensori di D’Alì, gli avvocati Gino Bosco e Stefano Pellegrino, avevano chiesto l’assoluzione del senatore “perché il fatto non sussiste”. Secondo i legali, la stessa Dda di Palermo aveva riconosciuto che “nessuna condotta concreta che avrebbe avvantaggiato l’associazione mafiosa” è stata accertata a carico di D’Alì. La sentenza era inizialmente prevista per lunedì scorso, ma in quella data, su richiesta del Pm, il Gup aveva riaperto il dibattito per ascoltare il sacerdote alcamese Nino Treppiedi, ex economo della Curia di Trapani sospeso a divinis, che aveva fatto dichiarazioni circa presunti contatti tra D’Alì ed esponenti della mafia Trapanese. Ieri i Pm avevano chiesto di ascoltare di nuovo il prete perché riferisse sulle minacce che ha dichiarato di aver ricevuto due giorni prima di testimoniare contro D’Alì ma il Gup ha negato anche l’acquisizione degli ulteriori verbali. La decisione del gup è stata comunicata all’interessato dal suo avvocato Gino Bosco che si è detto soddisfatto dell’assoluzione perché sempre convinto dell’estraneità del suo assistito ai fatti contestati. Cade con l’assoluzione, tra le altre, l’ipotesi che D’Alì, dal 1994 in poi, abbia goduto del costante appoggio elettorale della mafia trapanese. Prescritti, invece, vecchi episodi risalenti nel tempo che tiravano in ballo anche i rapporti con Francesco Messina Denaro, padre del superlatitante Matteo, che lavorò nelle campagne della famiglia D’Alì. Secondo l’accusa, il politico avrebbe venduto un terreno al boss Francesco Geraci. Una vendita fittizia, però: i soldi sarebbero stati restituiti. Quel terreno sarebbe appartenuto a Totò Riina. La Procura di Palermo, adesso, sta valutando se impugnare la parte della sentenza che ha assolto il senatore.

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