Processo Crimiso, in aula la testimonianza di due imprenditori monteleprini

Hanno testimoniato ieri, nell’aula bunker di Trapani, gli imprenditori monteleprini Luigi e Giacomo Impastato, titolari di un impianto di calcestruzzo, che assieme ad altri gestori di imprese castellammaresi nel 2012 denunciarono i propri taglieggiatori, determinando, l’operazione di polizia ‘Crimiso’. In quell’occasione finirono in manette, Antonino Bonura, Antonino e Vincenzo Bosco, Sebastiano Busso, Vincenzo Campo, Rosario Tommaso Leo, Salvatore Mercadante, Nicolò Pidone, Giuseppe Sottile e Giuseppe Sanfilippo, Diego Ruggeri detto Diego u nico. Tutti sono stati chiamati a rispondere, a vario titolo, dei reati di associazione a delinquere di stampo mafioso e estorsione aggravata e sono accusati di fare parte di Cosa Nostra e di gestire gli affari del mandamento di Alcamo, storicamente composto anche dalle famiglie di Castellammare del Golfo e Calatafimi, nonchè di avere acquisito in modo diretto e indiretto, la gestione e il controllo delle attività economiche, di autorizzazioni, di appalti e servizi pubblici. I testimoni, ieri, erano accompagnati da rappresentanti dell’associazione LiberoFuturo. Nel procedimento penale si sono costituite parte civile anche Addiopizzo, Fai e Confindustria. Il processo di ieri si è svolto contro l’unico imputato che ha scelto il rito ordinario, Diego Ruggeri, mentre per gli altri dieci è in corso il procedimento con rito abbreviato. Gli imprenditori Luigi e Giacomo Impastato, operanti anche nel territorio di Alcamo, Castellammare del Golfo e Balestrato, hanno riferito in aula di avere subito richieste di denaro, attraverso un proprio dipendente, anch’egli chiamato a deporre. Diego Ruggeri avrebbe detto al lavoratore di riferire ai fratelli Impastato che se volevano fornire calcestruzzo nel territorio trapanese avrebbero dovuto pagare. Ma gli imprenditori preferirono denunciare il fatto alle forze dell’ordine. Le loro denunce e quelle di altri operatori del settore svelarono alcune estorsioni avvenute a Castellammare del Golfo, rappresentando un primo clamoroso e significativo segno di ribellione degli imprenditori locali. Da allora LiberoFuturo ed il movimento antiracket hanno coltivato pazientemente questo primo segno di risveglio dall’inerzia e dall’indifferenza assistendo gli imprenditori lungo il percorso di ritorno alla normalità. Sono stati organizzati eventi per la sensibilizzazione alla denuncia ed al Consumo critico antiracket e si sta creando un primo nucleo di imprenditori per costituire un’associazione antiracket capace di assistere chi denuncia e soprattutto di convincere tanti altri a farlo. “Il nostro principio ispiratore – scrive in una nota LiberoFuturo – è che a denunciare devono essere tutti. Riteniamo, infatti, che fino a quando avremo un imprenditore disposto a pagare e non denunciare il pizzo, ci sara’ un estortore pronto a chiederlo. Se a Castellammare abbiamo imboccato la strada giusta per liberarci dal racket, come testimonia la denuncia del presidente di Confindustria di agosto, rivolgiamo un appello a tutti gli imprenditori – concludwe della provincia di Trapani affinchè trovino il coraggio di ribellarsi anche loro sapendo che lo Stato è in condizione di difenderli e che il nostro movimento non li lascerà da soli”.

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