Nuovo Mandamento 3. Il ruolo di De Simone e le estorsioni a Montelepre

Salvatore De Simone, autista dell'ex sindaco Tinervia

La nuova operazione dei Carabinieri si basa anche sulle dichiarazioni, non spontanee, di due vittime del racket. Gli imprenditori sono stati convocati dai militari del Gruppo Monreale dopo il blitz di aprile scorso, ma conoscevano già grazie alle intercettazioni i ricatti dei boss del pizzo. I racconti dei due commercianti sono stati comunque importanti, perché hanno permesso agli inquirenti e ai magistrati della Procura antimafia di Palermo di stringere il cerchio attorno agli esattori di Cosa nostra, che sono stati arrestati. Salvatore De Simone, l’autista dell’ex sindaco di Montelepre Tinervia, è sposato con la zia del capomafia del paese Giuseppe Lombardo, il boss che avrebbe preteso la “messa a posto” dall’imprenditore di Misilmeri che stava ristrutturando il palazzetto dello sport “Don Pino Puglisi” di Montelepre. Secondo un’intercettazione ambientale –i carabinieri avevano piazzato la cimice nell’auto di Lombardo-, il boss raccontava a Francesco Vassallo, della famiglia mafiosa di Altofonte, della richiesta di pizzo all’imprenditore di Misilmeri. I due parlavano della sospensione forzata dei lavori per convincere il titolare della ditta a pagare ma anche di un incontro tra il sindaco Tinervia e Giuseppe Lombardo, organizzato da Salvatore De Simone ( zio acquisito del capomafia), durante il quale si sarebbe stabilito come suddividere la somma di denaro, che doveva finire una parte nelle casse del clan ed una in quelle del Comune. Si tratta in sostanza della conversazione sulla base della quale il GIP aveva già disposto la misura cautelare in carcere del Sindaco Giacomo Tinervia, ritenuto responsabile di concorso esterno in estorsione aggravata (accusa decaduta) e concussione. Tinervia oggi è libero ma dopo la bufera giudiziaria, il Comune è guidato dal commissario straordinario Antonino Oddo e il Ministero dell’Interno, su proposta della Prefettura di Palermo, ha disposto un’indagine amministrativa, tuttora in corso, all’interno del Municipio, al fine di verificare eventuali condizionamenti di cosa nostra nei confronti dell’amministrazione locale. Al centro della nuova indagine adesso c’è Salvatore De Simone, il quale secondo la ricostruzione dei carabinieri, avrebbe dovuto risolvere la questione tra l’imprenditore taglieggiato e il nipote. Il titolare della ditta di Misilmeri avrebbe incontrato fuori dalle mura del Comune il sindaco Tinervia ed altri assessori, per metterli a conoscenza della richieste estorsive. Fece una descrizione dell’aguzzino al sindaco, che capendo che stava parlando di Lombardo, concordò con l’imprenditore di trattare la questione con De Simone, in quanto zio di Lombardo. L’ex autista già l’indomani si sarebbe presentato al cantiere di contrada Presti, e avrebbe detto all’imprenditore che per sistemare la questione  avrebbe dovuto corrispondere alla mafia e al Comune, il 3% del totale dei lavori che ammontava a 800.000 € circa, corrispondente a 24.000 €, per svolgere feste e piccoli lavori di ristrutturazione e manutenzione del centro urbano di Montelepre. Per una forma di “cortesia” –si legge nella nota dell’Arma- lo stesso De Simone riferiva che si sarebbe “accontentato” di 18.000 €, corrisposti poi in più tranche fino ad una cifra di 12.000 €, più altri 2.000 € che dovevano essere consegnati direttamente nelle mani di Giuseppe Lombardo che in maniera spontanea si era presentato per “chiedere un prestito al fine di fare fronte alle richieste di un creditore”. Lombardo infatti aveva parecchi problemi economici ed aveva accumulato dei debiti, anche per questo era stato destituito dalla carica di capomafia. Ma quello all’imprenditore di Misilmeri  non fu l’unico tentativo di estorsione da parte di cosa nostra. Il pizzo fu chiesto pure per la costruzione del parcheggio multipiano di via Falcone e Borsellino. Un’opera da un milione di euro, e perciò per la “messa a posto” era stato richiesto il 5% da suddividere tra la famiglia di Montelepre ed il mandamento di San Giuseppe Jato. La circostanza era già emersa nell’indagine “Nuovo Mandamento”, nella quale furono arrestati Giuseppe Lombardo che vive nel paese in cui si sta realizzando il parcheggio e Giuseppe Abbate ritenuto il capomafia di Giardinello, proprio dove risiede il titolare della ditta aggiudicataria dei lavori, la Elimar s.r.l. che ha sede legale a Palermo. Nelle scorse settimane su un camion di proprietà dell’impresa erano state fatte trovare due teste di capretto, un chiaro ed inequivocabile messaggio intimidatorio. Dunque chi aveva chiesto il pizzo era dietro le sbarre, ma fuori c’era ancora Antonino Lombardo, padre di Giuseppe, che è stato arrestato oggi. L’uomo avrebbe cercato di contattare in diverse occasioni il titolare della Elimar ma l’imprenditore si è rifiutato di pagare e si è sempre fatto negare

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