Mafia. “Il fatto non costituisce reato”: assolti Mori e Obinu

Il Tribunale di Palermo ha assolto il generale dei carabinieri Mario Mori. Era accusato di non avere catturato, nell’ottobre del ’95 il boss Bernardo Provenzano consentendogli, così, di rimanere latitante. I giudici hanno assolto anche il coimputato di Mori, il colonnello Mauro Obinu. Per entrambi l’accusa era favoreggiamento aggravato alla mafia. La formula assolutoria è stata: «perchè il fatto non costituisce reato». La sentenza è stata pronunciata ieri pomeriggio, dopo circa sette ore e mezza di camera di consiglio, dalla quarta sezione del tribunale presieduta da Mario Fontana. L’accusa aveva chiesto 9 anni per l’ex generale del Ros Mori e 6 anni e mezzo per il coimputato. I giudici hanno disposto anche la trasmissione dei verbali delle dichiarazioni dei Massimo Ciancimino e del colonnello Michele Riccio, quest’ultimo aveva accusato Mori e Obinu di aver impedito un blitz determinante per la cattura di Provenzano in un casolare di Mezzojuso il 30 ottobre del 1995. Mentre Massimo Ciancimino sosteneva che “Provenzano era garantito da un accordo stabilito anche grazie a mio padre (Vito Ciancimino) tra il maggio e il dicembre del 1992. Provenzano godeva di immunità territoriale in Italia grazie a questo accordo”. Insomma la cosiddetta trattativa Stato-Mafia. Ma secondo i giudici che hanno assolto i due militari principali testi dell’accusa non avrebbero detto la verità. Il processo è durato cinque anni. La Procura accusava Mori e Obinu di avere agito “non perché collusi o corrotti o ricattati dalla mafia”, ma perché ispirati da una “scelta di politica criminale sciagurata – così è stato detto nella requisitoria – per fare prevalere le esigenze di mediazione, favorendo l’ala ritenuta più moderata di Cosa nostra, quella di Bernardo Provenzano”. Adesso, dopo il verdetto di assoluzione emesso dal tribunale, bisognerà attendere 90 giorni per leggere le motivazioni della sentenza. La Procura annuncia già appello: “Rispetto la sentenza -ha detto il pm Nino Di Matteo ma non condivido il dispositivo in alcun punto”. Nell’aula del tribunale a sentenza pronunciata un esponente del movimento “Agende Rosse” ha urlato “Vergogna, vergogna”

FONTE: Agenzie di stampa

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