Alcamese sbranato da cani, è cominciato il processo

E’ cominciato, nel tribunale di Livorno, il procedimento giudiziario per accertare eventuali responsabilità sulla morte del camionista alcamese Vito Guastella, il cinquantenne che, il 28 febbraio dello scorso anno, venne sbranato da un branco di cani meticci a Collesalvetti, comune del livornese. Attualmente gli indagati sono Daniele Di Leo, titolare di una ditta di trasporti e gestore del piazzale in cui è stata consumata la tragedia, e Trofica Rodin, romena che viveva in una roulotte nel terreno adiacente alla stessa area. «Quei cani vengono da Alcamo e sono di Di Leo. Riconosco la mamma: è una meticcia nera che si chiama Bella». Lo ha dichiarato durante il processo un testimone individuato dall’avvocato Antonio Sugamele, legale della famiglia Guastella. A fare la rivelazione è un ex dipendente della ditta di trasporti. L’uomo sostiene che la mamma degli otto cani che hanno sbranato Guastella sarebbe originaria di San Vito Lo Capo, che sarebbe passata per Alcamo, per poi essere portata a Collesalvetti dagli stessi imprenditori per fare da guardia all’isolato piazzale che insiste sull’Arnaccio. L’avvocato Sugamele, inoltre, ha presentato in tribunale i documenti per la costituzione delle parti civili: Vincenza Salato, vedova di Guastella, in rappresentanza anche del figlio minore, l’erede maggiore Valeria Guastella, il cognato Antonio Salato, le sorelle e i genitori della vittima rappresentati invece dall’avvocato Baldassare Lauria. I familiari chiederanno i danni alla ditta Di Leo. Respinta invece, dal gup Giovanni Zucconi, l’istanza di risarcimento presentata anche nei confronti del datore di lavoro di Guastella, l’Eurogru srl. Il giudice, dopo aver esaminato la situazione e valutato le eccezioni contestate dalla difesa di Di Leo, ha rinviato il processo al 28 novembre per consentire la citazione dell’eventuale responsabilità civile dell’imprenditore dei trasporti. In quella data ci sarà l’udienza in cui si deciderà il rinvio a giudizio. Daniele Di Leo, presente in aula insieme al suo avvocato José Libero Bonomo, respinge tutte le accuse e continua a sostenere che i cani non sono suoi e che anzi lui stesso aveva chiesto ad alcuni suoi dipendenti di allontanarli proprio perché quella presenza risultava anomala.

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