Trapani, ancora un sequestro ad imprenditori trapanesi vicini a Matteo Messina denaro.

Continua l’opera certosina degli investigatori per demolire l’impero economico del superboss latitante Matteo Messina Denaro. In questo contesto a Trapani, Polizia di Stato e Guardia di Finanza con un’operazione congiunta, hanno sequestrato beni per oltre 30 milioni di euro, agli imprenditori edili trapanesi Francesco e Vincenzo Morici, padre e figlio, di 79 e 50 anni, ritenuti dagli investigatori appartenenti al cartello legato al boss latitante Matteo Messina Denaro. Secondo gli inquirenti, i Morici appartengono a un gruppo di imprenditori utilizzati da Cosa nostra per condizionare, le fasi di aggiudicazione di importanti appalti pubblici a Trapani, sopratutto nel decennio che va dal 2001 al 2011. Tra gli appalti condizionati dalla mafia anche quello della ristrutturazione del porto che ha ospitato la regata della Coppa America Luis Vitton Cup. Sembra che i vertici mafiosi abbiano gestito tramite un gruppo di imprenditori a cui faceva capo la famiglia Morici, un impeccabile sistema di controllo illecito sull’aggiudicazione e sull’esecuzione dei lavori che di conseguenza imponeva alle imprese che si aggiudicavano gli appalti il versamento di una percentuale ai funzionari pubblici corrotti ed alla famiglia mafiosa. Da alcune intercettazioni, un accordo tra il boss Francesco Pace, esponenti politici e altre imprese partecipanti, per favorire l’impresa Morici per l’appalto dei lavori del porto nei quali sembra abbiano anche utilizzato materiali non conformi, tali da alterare la stabilità dell’opera nel tempo. Gli elementi che hanno portato al sequestro sono emersi dalle carte del processo per concorso esterno in associazione mafiosa a carico del senatore trapanese del Pdl Antonio D Alì. L’operazione, è stata chiamata “Corrupti Mores” ed eseguita dagli agenti della Divisione Anticrimine della Questura di Trapani e dai finanzieri del nucleo di Polizia Tributaria a Trapani, Roma, Milano, Gorizia e Pordenone.
Il sequestro ha colpito 142 beni immobili, 37 beni mobili registrati, 36 conti correnti e rapporti bancari, 9 partecipazioni societarie e 6 società, sequestrate e sottoposte ad amministrazione giudiziaria, tra cui il cantiere sull’area portuale di Trapani.

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